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Braccio di ferro Pristina-Belgrado: posta in gioco, l’Ue

Gli scontri al confine hanno bloccato i negoziati con Bruxelles

di Redazione

La zona del confine nord del Kosovo rappresenta il principale punto di frizione tra la Serbia e l’ex provincia a maggioranza albanese dichiaratasi indipendente nel 2008. Il governo del Kosovo sta cercando di estendere il suo controllo nel Nord del Paese, dove vivono circa 60mila serbi kosovari che hanno giurato fedeltà a Belgrado. A metà settembre, Pristina, appoggiata da soldati Kfor e dalla polizia della missione europea, ha inviato guardie e funzionari di frontiera a Brnjak e Jarinje, due valichi del confine nord in precedenza presidiati da agenti di etnia serba. In risposta, i serbo-kosovari hanno bloccato le strade che portano al confine. Gli scontri di fine mese hanno spinto Belgrado a cancellare i colloqui con Pristina a Bruxelles, che avrebbero dovuto migliorare la cooperazione in tema di circolazione dei beni e dei diritti di proprietà.
La Serbia vuole entrare nell’Unione europea e con ogni probabilità le sarà dato lo status di candidato entro la fine di ottobre, ma deve ricucire i rapporti con il Kosovo prima di ottenere una data certa sull’inizio dei colloqui per l’ingresso nel blocco europeo. Il 10 ottobre il mediatore europeo Robert Cooper è volato a Pristina per incontrare il capo negoziatore kosovaro Edita Tahiri e il premier Hashim Thaci (nella foto).
«Noi vogliamo far parte e facciamo già parte dell’Europa, come dimostra la bandiera che sventola qui fuori». Branimir Kuzmanovic ha 33 anni ed è direttore della municipalità più urbanizzata di Belgrado. Punta il dito alla finestra del suo ufficio di Vracar, il quartiere più popoloso della capitale, dove, accanto a quella serba, sventola la bandiera blu dell’Unione. «Tentano di bruciare quella bandiera quasi ogni settimana, durante ogni manifestazione nazionalista. Sono costretto ad uscire e fermarli, a spiegare che siamo già in Europa, non ancora nell’Unione Europea». Kuzmanovic non ci sta a rientrare nello stereotipo dell’invasore. La sua storia politica nasce come oppositore di Milosevic (nel 1991 venne arrestato proprio in una manifestazione contro il regime). Ma sul Kosovo le sue parole non lasciano spazio a equivoci: «Il Kosovo non è ancora uno Stato perché la Serbia non l’ha ancora riconosciuto, come è successo invece per il Montenegro. Senza il riconoscimento dello Stato serbo non esiste Kosovo indipendente».

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