Non profit

Ca’ del vento, agriturismo in salsa multietnica

di Redazione

La vicenda del terremoto all’Aquila ha aperto svariati fronti di discussione sul valore di un’identità e sulla complessità di come questo valore sia tenuto in vita: nei giorni scorsi sono stato nel Chianti, in un borgo isolato di Gaiole, dove sarebbe potuto nascere un convento. Oggi è un relais di charme, con 60 camere, vinoterapia, ristorante e tanti spazi di serena quiete. Ebbene, l’economia di posti come questi si deve a due fattori: turismo e vitivinicoltura. Senza un imprenditore agricolo il Chianti non avrebbe i suoi castelli ristrutturati, le sue case, i suoi terreni così ordinati. E non sarebbe partito quel turismo che tanto entusiasma gli stranieri. Dietro al vino è poi giunto l’olio, anche qui tratto da quegli ulivi che sono un tutt’uno con il territorio e la cucina. Ho cenato anch’io, una sera, in quella Cà del Vento, dove il Chianti è quello vero, buono e saporoso, ma anche le tagliatelle col sugo di cinghiale e le carni parlano toscano.
Chi non parla toscano è il personale. E questo deve far riflettere sul valore che la nostra agricoltura multifunzionale ha per ciò che chiamiamo integrazione. Lo staff era in gran parte forestiero: efficiente e solerte nel seguire le direttive di un’offerta tipica. E m’è venuto in mente quella riflessione che avevamo imbastito nel Monferrato con Gian Paolo Fabris e Alessandro Meluzzi, dove s’era detto che l’economia di una zona non può prescindere dalle nuove comunità che si stanno formando nei nostri paesi e città. Viene meno l’identità? Forse sì, ma forse no. Dipende dal fattore umano, dalla scommessa che si è disposti a fare nella direzione di una reale integrazione, che si può giocare senza troppi cortili recintati, senza barriere culturali issate da una società che ha avuto tutto, ma che non è più grado di costruire una squadra attorno a una vigna o un’impresa. Il futuro delle nostre terre deve partire da un attaccamento a una storia, da un’identità, sapendo che quel valore può essere condiviso da altri che non sono nati lì. Solo così ci si appropria di un valore, che visto dall’osservatorio abruzzese è ancora vivo, grazie a Dio!

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