Mondo
Cannes: la Cecenia secondo Sokurov
Il regista: "Pace difficilissima, giravamo tra le bombe"
di Redazione
Un Sokurov intenso e attualissimo spariglia le carte per la Palma d’Oro. A quattro giorni dalla conclusione del festival, il dramma intimista del regista russo complica ulteriormente qualsiasi pronostico. Mentre la stampa internazionale da per favoriti i film dei Coen, Van Sant e Schnabel, la critica si divide fra ‘The Edge of Heaven’ di Fatih Akin, ‘Le scaphandre et le papillon’ di Julian Schnabl e, ora, anche l’intenso ‘Alexandra’ di Sokurov. L’annuncio del documentario a sorpresa su Litvinenko ha innescato una polveriera e, apparentemente, indispettito il regista che ha disertato festival e conferenza stampa. Con lui e’ rimasta a casa anche Galina Vishneskaja, nella vita star dell’opera e vedova del violoncellista Rostropovic, che sullo schermo si improvvisa straordinaria protagonista, candidandosi fra le migliori attrici. Dall’incontro fra i due, avvenuto durante le riprese di un documentario sul marito di recente scomparso, e’ nata la sua partecipazione al film. La parte che le riserva l’appello pacifista di Sokurov e’ quella di Alexandra Nikolova, nonna russa dai cui occhi ci viene raccontato il dramma del conflitto con la Cecenia.
L’occasione e’ un viaggio a Grozny, dove il nipote ufficiale e’ stato dislocato in missione. Il senso nelle parole dello stesso Sokurov, ufficialmente assente “per motivi di salute”: “Alexandra – fa sapere – e’ un film sulla capacita’ di comprendersi a vicenda, in cui non ci sono spari, morti, ne’ alcuna violenza. L’unica soluzione per porre fine a questa lotta fratricida e’ ritrovare una via pacifica: la cosa purtroppo piu’ difficile nella Cecenia di oggi”. Appello e prospettiva emergono evidenti dagli sviluppi della storia: il viaggio della protagonista a Grozny, fra il reggimento del nipote e il mondo di fuori, si sofferma su miseria e volti scavati, per elevarsi a rappresentazione del dramma di fratelli, divisi dalla follia della guerra. Specchio della sua attualita’, le rocambolesche riprese del film: 28 giorni in condizioni estreme, fra la zona di Grozny e quella di Khankala, che ospita le truppe russe: “Per motivi di sicurezza – racconta Sokurov – io e Galina raggiungevamo il set separatamente. Lei viveva in un bunker, perche’ c’erano continui attacchi ed esplosioni. Siamo stati costretti a muoverci su veicoli corazzati e con la scorta, ma era indispensabile che andassi in Cecenia. Dovevo vedere la gente, capire come stesse davvero e toccare con mano la situazione”.
Tantissimi, gli applausi ricevuti dal film alla proiezione stampa, sono stati per la prima volta accompagnati anche da qualche polemico “buh”. Il dissenso, di matrice probabilmente politica, non offusca pero’ la calorosa accoglienza al film: piu’ avanti di Alexandra, nella virtuale classifica del gradimento misurato all’anteprima, sono solanto ‘The Edge of Heaven’ e ‘Le scaphandre et le papillon’. Mai cosi’ elevata, la qualita’ del concorso conferma il 60° festival come il piu’ bello e ricco della storia. Il rischio, in tanta abbondanza, e’ quello di dimenticare titoli passati a inizio manifestazione, come il rumeno ‘4 Months, 3 Weeks and 2 Days’. In odore di premio, insieme al film di Mungiu, anche il francese Mathieu Amalric di ‘Le scaphandre et le papillon’, che si candida di prepotenza per la migliore interpretazione maschile.
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