Non profit
Cara Csr, ti manca un soggetto
Al convegno inaugurale della maratona della responsabilità sociale di Sesto San Giovanni, Lorenzo Sacconi ha lanciato unidea: «Ci vuole unistituzione sociale che faccia da garante. Altrimenti...»
di Chiara Sirna
Le parole non bastano, e neppure i bollini che calano dall?alto. Se davvero si vuole promuovere la responsabilità sociale d?impresa al di là di convegni e campagne di comunicazione, occorre promuovere sul territorio degli enti multistakeholder indipendenti. Questa è la proposta che Lorenzo Sacconi, professore di Politica economica all?università di Milano Bicocca e direttore di EconomEtica, centro di ricerca interuniversitario, ha lanciato al convegno di apertura del Salone della responsabilità sociale intitolato, appunto, Dal dire al fare.
Una proposta che ha suscitato interesse e dibattito, perciò proviamo a capirla chiedendo al professor Sacconi di illustrarla per i nostri lettori. «Sono ormai tante le iniziative europee e americane che nascono dalla collaborazione tra mondo della ricerca e dell?università, mondo delle imprese e mondo delle professioni, con un coinvolgimento di organizzazioni non governative e non profit, e talvolta delle stesse autorità pubbliche e di governo. In Inghilterra si può citare l?esperienza di Accountability e poi il Sigma Project, cui partecipa il governo Blair. Altre iniziative sono in corso in Germania (attorno all?università di Costanza) e in Spagna (Foretica). L?associazione degli Ethics Officer Usa ha avviato nel 2000 un progetto per proporre all?Iso di definire uno standard per l?etica e la responsabilità sociale. Il mondo Iso a livello globale ha oramai avviato i primi passi per una guideline su questa materia. In Italia per una volta non c?è ritardo: la definizione dello standard Gbs per i bilanci sociali ne è un esempio. Il progetto Q-Res per la definizione di uno standard per i sistemi di gestione volti a garantire la responsabilità etico sociale delle imprese ha portato nell?ottobre del 2001 alla elaborazione delle linee guida Q-Res per il management. E poi nel 2004 alla definizione di una norma volontaria che integra la norma Iso 9004 e definisce un sistema di gestione certificabile di impresa ai fini della csr.
Vita: Iniziative quindi che non vengono calate dall?alto?
Lorenzo Sacconi: No, anzi. Molte di queste, e altre, iniziative nascono nella forma dell?autoregolamentazione. Il movimento in direzione della standardizzazione dei sistemi di gestione della responsabilità etico sociale delle imprese si muove nella direzione della verifica indipendente.
Vita: Cosa manca al successo di questo processo?
Sacconi: Detto in sintesi, manca un?istituzione che sia in grado di dare il risalto necessario al profilo di responsabilità delle imprese, esprimendo giudizi di conformità basati in modo competente sugli standard e assicurando l?indipendenza, la credibilità e l?autorevolezza del giudizio. Non si tratta però di partire dal nulla, bensì di rispondere alle esigenze emergenti dalle iniziative già in corso, prendendo un?iniziativa in grado di coagulare forze e risorse per dare vita a livello territoriale a enti indipendenti di promozione e garanzia indipendente della responsabilità etico sociale. Forse oggi, grazie alla sensibilità delle istituzioni e delle organizzazioni che a livello territoriale rappresentano gli stakeholder (e tra queste le istituzioni del governo locale) i tempi sono maturi per l?avvio di questa iniziativa. L?iniziativa Dal dire al fare, del resto lo dimostra.
Vita: Perché un ?soggetto specializzato??
Sacconi: Perché occorre premiare le imprese che agiscono con serietà dando loro risalto e garantendo in modo autorevole circa la loro conformità ai criteri di csr. Un premio simile altro non è che un effettivo ritorno di reputazione. Al contempo occorre garantire gli stakeholder circa l?attendibilità e l?effettivo significato della comunicazione d?impresa circa la csr. Il punto è che gli stakeholder possono non disporre dell?informazione o dei termini di riferimento necessari per giudicare i comportamenti pratici e le comunicazioni dell?impresa. In mancanza di un soggetto specialistico che abbia la capacità di raccogliere, verificare, giudicare e trasmettere l?informazione in forma riassuntiva, coprendo il gap informativo tra imprese e stakeholder, il meccanismo della reputazione può essere troppo lento e imperfetto.
Vita: Un soggetto, come lei ha più volte sottolineato, che non può che essere indipendente?
Sacconi: è chiaro che un soggetto che svolga questa funzione informativa verso gli stakeholder corre tipicamente il rischio di colludere con coloro che dovrebbe contribuire a monitorare e verificare. Occorre perciò un?istituzione sociale che abbia nel suo stesso disegno i rimedi per prevenire la tendenza a colludere, cioè occorre che sia multistakeholder e indipendente.
Vita: Multistakeholder, indipendente e, magari, non profit?
Sacconi: Certo, sarebbe la soluzione organizzativa ideale perché sarebbe chiaro che la sua azione non è orientata da motivazioni a scopo di lucro. La natura di fondazione, poi, sarebbe la più adeguata allo scopo.
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