Welfare
Carcere. A MIlano manifestazione contro la legge Meduri
L'iniziativa organizzata da Cgil, gruppo Abele e Ordine degli Assistenti Sociali
di Redazione
Contro ”la miopia del governo che considera il carcere un contenitore di vite a perdere” e contro il decreto legge Meduri (in discussione domani alla Camera), Cgil, gruppo Abele, Ordine degli Assistenti Sociali hanno organizzato a Milano una manifestazione di protesta. In particolare e’ stato messo sotto accusa l’art. 3 del decreto che trasforma i Centri di servizio sociale per adulti in Uffici di esecuzione penale. Sergio Segio, del gruppo Abele, ha ricordato che di tutti i recidivi, il 12% sono quelli che hanno concluso di scontare la pena affidati ai servizi sociali (400 operatori in tutta Italia), il 27% sono tossicodipendenti e il restante sono coloro che hanno terminato di scontare la pena in carcere. Il 25% dell’ intera popolazione carceraria (56mila persone a fronte delle 50.219 che hanno diritto a pene alternative) non ha un tetto dove andare una volta libero; oltre il 50% sono immigrati, tossicodipendenti, persone disadattate o con disagio psichico. ”L’intera produzione e proposta legislativa di questo governo in materia penale e penitenziaria – si legge in una lettera inviata da Segio a Marco Pannella – e’ stata tesa a ulteriori strumenti di contenimento e repressione nei confronti delle fasce piu’ deboli: immigrati e tossicodipendenti in primo luogo, ma piu’ in generale verso i poveri e gli emarginati”. Gli strumenti: ”enfatizzazione della costruzione di nuove carceri (con ingenti risorse destinate allo scopo in continuita’ e aggravamento delle scelte del precedente governo)” e ”mancata approvazione del regolamento penitenziario e la normalizzazione del 41 bis e del carcere duro”. In particolare ”la direzione della legge Meduri e’ di cancellare il sociale e rafforzare il penale”, con la delega per la riforma del corpo di polizia penitenziaria ”avanza la militarizzazione delle carceri e del personale tutto”, la Cirielli-Vitali ”cosiddetta SalvaPreviti all’esame del Senato porterebbe a 20mila nuovi detenuti” e ”finirebbe per squassare il sistema carcerario”, l’introduzione del lavoro civico non retribuito per i detenuti ai fini della riduzione della pena significherebbe ”togliere dalle strade i gruppi a rischio per trasformarli in esercito industriale di riserva”, la modifica dell’art. 27 della Costituzione in materia di responsabilita’ penale ”tende a sminuire la funzione rieducativa della pena a favore di quella retributiva”, ”per non parlare della legge Fini sulle droghe e dei suoi devastanti e prevedibilissimi effetti”.
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