Welfare
CARCERE. Fini: “Paese più civile se recupera i detenuti”
Il presidente della Camera, assistendo a Montecitorio alla rappresentazione della compagnia teatrale di Rebibbia, chiede che dietro le sbarre "siano salvaguardati i diritti umani, sociali e di cittadinanza dei reclusi"
di Redazione
Il carcere ”non deve essere solo un luogo di afflizione”, ma deve ”salvaguardare i diritti umani, sociali e di cittadinanza dei detenuti in vista del loro pieno reinserimento sociale”. Lo afferma Gianfranco Fini introducendo a Montecitorio la rappresentazione teatrale ‘Roma, la Capitale’, della compagnia teatrale Stabile Assai della Casa circondariale di Rebibbia.
”Ritengo -sottolinea il presidente della Camera- che il livello di civilta’ di un paese si misuri non solo sulla capacita’ di prevenire e reprimere i reati, capacita’ che deve essere garantita a tutela della liberta’ di tutti i cittadini, ma anche dalla capacita’ del suo sistema penitenziario di recuperare chi ha violato le regole fondamentali della convivenza civile”. Fini sottolinea che ”non sempre la liberta’ e’ sufficiente a riconquistare un ruolo all’interno della societa’. E le istituzioni devono essere consapevoli delle difficolta’ che spesso l’ex detenuto incontro sulla strada di un completo reingresso nella vita collettiva. Il dovere nei confronti dei rei inizia all’interno delle carceri e prosegue anche dopo il rilascio in un percorso che dalla detenzione, attraverso i programmi di educazione e socializzazione, conduca a superare ogni forma di marginalita’ ed isolamento”.
”Un moderno sistema penale -auspica il presidente della Camera- deve garantire condizioni di completa umanita’, terapie psicologiche idonee, formazione del detenuto e attivita’ per il suo reinserimento. Per questo, il lavoro assume un ruolo fondamentale come momento di ritorno alla normalita’: si tratta della via migliore per ridare all’uomo la piena dignita”’. Fini rimarca l’importanza del ”gesto di attenzione” della Camera che ha voluto ospitare la rappresentazione teatrale e ricorda l’augurio espresso dall’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, rivolto ai detenuti: ”’Che rinasca in voi la speranza nel futuro, la fiducia in voi stessi’. Un auspicio nobile, cui tutte le istituzioni -dice Fini- devono uniformare la propria azione”. La compagnia teatrale ‘Stabile Assai’ di Rebibbia da oltre vent’anni gira i palcoscenici italiani portando in scena le tematiche relative alla condizione carceraria. ”Questo spettacolo -spiega Fini- richiama la nostra attenzione sui problemi del sistema penitenziario nazionale e sui temi della follia, dell’emarginazione e della mancata integrazione interetnica, che rappresentano vere e proprie emergenze collettive a cui le istituzioni devono rispondere con il sostegno della societa’ civile, il cui ruolo e’ essenziale specialmente nella delicata fase di reinserimento del detenuto”.
”Iniziative come questa -insiste Fini- rappresentano un prezioso motivo di incontro per sensibilizzare l’opinione pubblica sui drammi della vita carceraria, favorendo una piena consapevolezza della necessita’ di rendere sempre piu’ effettivi i principi sanciti dall’articolo 27, primo comma, della nostra Costituzione: ‘le pene devono tendere alla rieducazione del condannato’, principio che deve essere costantemente applicato nella vita concreta dalle istituzioni carcerarie. Tra i diritti garantiti dalla Costituzione vi e’ per il reo quello di essere sottoposto, in caso di commissione di illeciti, a pene finalizzate alla rieducazione e alla risocializzazione”. Anche la presidente della commissione Giustizia della Camera, Giulia Bongiorno, sottolinea l’importanza della funzione rieducativa della pena: il legislatore, avverte, non deve creare norme vuote, ”la norma con sanzione e precetto deve essere seguita anche dopo che esce dal Parlamento, nella sua concreta attuazione. Sono contraria a dire che il carcere debba essere un circolo ricreativo ma la pena e’ una forma di giustizia, non di vendetta. E accanto al lavoro”, per la rieducazione, ”sono importanti anche la cultura, lo studio, la recitazione”. Per questo Bongiorno apprezza la rappresentazione di oggi, la ”prima volta che dei detenuti vengono alla Camera”.
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