Welfare

Carceri: la mappa della protesta pacifica

Sono salite a 90 le carceri in cui i detenuti protestano da lunedi' scorso rinunciando al vitto o battendo con oggetti metallici contro le sbarre delle celle

di Redazione

Sono salite a 90 le carceri in cui i detenuti protestano da lunedi’ scorso rinunciando al vitto o battendo con oggetti metallici contro le sbarre delle celle. Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) ha istituito una task-force per monitorare la situazione. Al momento – secondo quanto si e’ appreso – la protesta si svolge pacificamente e non sono stati segnalati episodi di particolare gravita’. I detenuti chiedono un indulto generalizzato di tre anni, l’abolizione dell’ergastolo e del 41 bis, la depenalizzazione dei reati minori e l’incremento delle misure alternative al carcere. La protesta e’ nata su iniziativa non violenta del’associazione ‘Papillon’ di Rebibbia. Dalle carceri romane di Rebibbia e Regina Coeli la protesta si e’ allargata a una cinquantina di istituti di pena: S. Vittore e Milano Opera, Le Vallette a Torino, Poggio Reale e Secondigliano (Napoli), il carcere bolognese della Dozza. E in pochi giorni ha coinvolto altre carceri per arrivare a un totale di 90 tra cui – sempre per citarne alcune – quelle di Brescia, Enna, Cassino, Pavia, Salerno. La protesta – viene fatto notare – e’ a ‘macchia di leopardo’ e si svolge in maniera discontinua, vale a dire non coinvolge tutti i detenuti di uno stesso istituto. Inoltre, coloro che rifiutano il vitto o battono contro le sbarre delle celle non lo fanno tutti i giorni o ad un’ora prestabilita. Un’altra forma di ‘sciopero’ e’ l’astensione dal lavoro da parte dei detenuti lavoranti. La protesta riguarda stavolta solo marginalmente i detenuti in 41 bis (carcere duro) che lo scorso giugno avevano protestato in massa. Su 13 carceri di massima sicurezza, infatti, al momento si ha notizia che solo in tre (Spoleto, Rebibbia e Secondigliano) hanno ripreso a ‘scioperare’ anche i boss di Cosa Nostra. La situazione – secondo quanto si e’ appreso – e’ tenuta costantemente sotto controllo: i direttori delle 205 carceri italiane hanno infatti l’obbligo di monitorare due volte al giorno le eventuali proteste e di dare comunicazione al Dap. Al momento pero’ – viene ribadito – non ci sono motivi di allarme.

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