Welfare
Cassazione: invalidità anche ai depressi
la Corte che sottolinea come questo ''stato invalidante'' influisca sulla ''riduzione della capacita' di lavoro e di guadagno''. Il caso di Angela D.
di Redazione
Ai depressi spetta la pensione di invalidita’ dall’Inps. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione sottolinenando come questo ”stato invalidante” influisca sulla ”riduzione della capacita’ di lavoro e di guadagno”. Proprio per questo motivo Angela D., impiegata siciliana sofferente da tempo di ”sindrome ansioso depressiva” e ”ipertensione”, si e’ vista accordare dalla Suprema Corte l’assegno di invalidita’ Inps che le era stato negato. A sollevare la pronuncia di piazza Cavour, la stessa impiegata che per quattro anni, dall’82 all’86, aveva beneficiato dell’assegno dato il suo stato depressivo che le consentiva un ridotto rendimento sul lavoro, andandosi a ripercuotere sul guadagno. Malgrado la depressione, l’impiegata da un giorno all’altro, si era vista negare la pensione di invalidita’. A nulla le era valso ricorrere al Pretore di Messina e al Tribunale di Patti (giugno 2000). Entrambi i giudici dicevano no all’assegno di invalidita’ perche’, sostenevano, l’impiegata era comunque in grado di svolgere il suo lavoro, pure con una riduzione della capacita’ lavorativa inferiore ad un terzo. Angela D. ha protestato in Cassazione ed ora la Sezione lavoro (sentenza 12256) ha accolto il suo ricorso sottolinenando come lo stato depressivo in cui versa l’impiegata ”determina la riduzione della capacita’ di guadagno in misura superiore al 50%”. Piazza Cavour, bacchettando i giudici che hanno negato all’impiegata depressa il diritto all’assegno, ha ricordato che ”per accertare la permanenza” dello stato depressivo ”il giudice deve effettuare necessariamente il raffronto fra la situazione patologica esistente al tempo della revoca e la situazione patologica esistente al tempo del riconoscimento”. Ebbene, alla luce di questo confronto, dice piazza Cavour, e’ emerso che la depressione dell’impiegata era ”oggettivamente uguale a quella accertata al tempo dell’iniziale riconoscimento” della pensione. Una depressione che, ha osservato ancora la Cassazione, ha determinato una riduzione della ”capacita’ di guadagno in misura superiore al 50%”. Sara’ ora la Corte d’appello di Catania, alla luce del principio dettato dalla Suprema Corte, a quantificare l’assegno per l’impiegata depressa.
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