Welfare

Cassazione: mobbing non è reato

È solo un illecito civile, l'avvocato Marazzita sollecita una legge quadro. Almeno un milione e mezzo i lavoratori italiani interessati

di Redazione

Il mobbing non è reato penalmente perseguibile ma solo un illecito civile per cui si puo’ chiedere il risarcimento del danno. Lo ha stabilito la V sezione penale della Cassazione che ha confermato un non luogo a procedere nei confronti di un preside accusato da un docente. «Credo che la Cassazione si riferisca a un caso particolare», ha detto all’ADNKRONOS l’avvocato penalista Nino Marazzita commentando la decisione degli ermellini. «Credo comunque – ha poi aggiunto – che per il mobbing, che è una figura nuova di prevaricazione, ci sia bisogno di un adeguamento con una legge quadro che chiarisca con maggiore precisione quali sono i comportamenti penalmente rilevanti. Il mobbing è spesso compiuto attraverso atti che non sono rilevanti penalmente – ha aggiunto – Non dobbiamo dimenticare che la Cassazione si occupa di casi particolari. Se io cerco di molestare sessualmente un’impiegata promettendole in cambio un aumento di stipendio o di carriera allora in quel caso c’è un rilievo penale. Cioè il rilievo penale c’e’ ogni volta che c’è un comportamento penalmente rilevante. Forse nel caso del mobbing del preside sull’insegnante la Cassazione non ha rilevato nessuna condotta penale».

Secondo la Cassazione nel caso del preside era difficile trovare “una precisa figura incriminatrice”. «La Cassazione ha più volte sollecitato il legislatore a fare una legge quadro che comprendesse autonomamente il mobbing – ha continuato Marazzita – Circa tre anni fa la Corte Costituzionale disse che le norme esistenti possono proteggere cittadini sia sull’aspetto penale che civile. Io credo che per il mobbing, che è una figura nuova di prevaricazione, ci sia bisogno di un adeguamento con una legge quadro che chiarisca con maggiore precisione quali sono i comportamenti penalmente rilevanti».

Sono almeno un milione e mezzo le vittime del mobbing in Italia. Lavoratori intimiditi, vessati o stressati dai capi, ma anche da colleghi dello stesso livello.
Secondo il monitoraggio effettuato dall’Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), che ha aperto un centro d’ascolto sul fenomeno, il mobbizzato tipo è donna (52%, poco più della metà dei casi), ha intorno ai 45 anni, un titolo di studio medio (il 52% è diplomato e il 24% laureato), vive al Nord (65%) e spesso fa l’impiegato (79%). L’ufficio, infatti, sembra essere il luogo in cui è più frequente il rischio mobbing. Si calcola che il 70% dei casi di sopruso in Italia si verificano nella pubblica amministrazione. Il più delle volte, si subiscono ‘aggressioni’ da almeno un anno e da parte dei superiori. Infatti, il 40% dei casi ha durata da uno a due anni, il 30% oltre due anni e il 27% da sei mesi a un anno. Sempre secondo l’Ispesl, il mobbing ha un costo molto elevato per il datore di lavoro: la produttivita’ di un lavoratore cala infatti del 70%.
Non esistono però dati ufficiali, ma solo stime per un fenomeno che resta in gran parte sommerso e che, comunque, appare più contenuto rispetto ad altri Paesi europei. L’Italia, infatti, risulta agli ultimi posti della classifica, con ‘solo’ 4 mobbizzati ogni 100 occupati, contro una media Ue dell’8%, pari a circa 12 milioni di vittime di vessazioni sul posto di lavoro. In testa alla classifica dei paesi dove più numerosi sono i casi di mobbing, si pongono la Finlandia, con il 15%, il Regno Unito e i Paesi Bassi, con il 14%, seguiti da Svezia (12%), Belgio (11%), Francia e Irlanda (10%).
Meno minacciati sono, invece, i lavoratori di Danimarca (8%), Germania e Lussemburgo (7%) e Austria (6%), ma e’ nei paesi dell’Europa meridionale che il valore non supera il 5%.

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