Quando una coppia arriva da noi conosce già la differenza tra affido e adozione. Malgrado chieda un colloquio per approfondire il tema e avere maggiori informazioni, porta già con sé i timori tipici degli affidatari “in nuce”: la futura separazione dal minore accolto (l’affido ha una durata massima di due anni) e il rapporto con la famiglia d’origine del bambino.
Il Cosf – Centro di orientamento alla solidarietà tra famiglie della cooperativa Comin si occupa di accompagnare le coppie che si avvicinano all’affido, partendo proprio dal focalizzare questi timori e provare a trasformarli in punti di forza. La provvisorietà del progetto di affido risponde infatti al concetto secondo cui ogni bambino ha diritto a crescere nella propria famiglia: un’altra famiglia può accompagnarlo nel suo percorso di crescita nel caso in cui la sua attraversasse un grave momento di difficoltà, per il tempo necessario. Il concetto di “fine dell’esperienza” pone la famiglia affidataria su un piano di reale aiuto alla promozione delle risorse familiari (proprie e della famiglia del minore).
Il gruppo, soprattutto quando parte l’esperienza di accoglienza, ha un forte significato di condivisione e confronto, che ciascuno utilizza per raccontare gioie e difficoltà rispetto all’esperienza in corso.
Questo è il momento più delicato sia per il Servizio Affidi che per la famiglia affidataria: il primo valuta concretamente di abbinare un bambino reale e la sua storia e una famiglia reale e la sua storia, la seconda resta in attesa del minore che dovrà accogliere, un’attesa che non è più solo desiderio e di cui non è possibile prevedere la durata. In questa fase delicata, il gruppo continua a essere importante come sostegno e confronto per la famiglia affidataria.
Quando il Servizio Affidi fa la proposta di abbinamento dà anche la dimensione temporale del progetto. Ogni bambino porta con sé la sua storia personale e unica e il progetto ne tiene conto, stabilendo per quanto tempo resterà in quella famiglia e ogni quanto dovrà incontrare la sua famiglia d’origine.
Negli anni la richiesta delle famiglie di essere seguite anche sotto l’aspetto pedagogico ed educativo ci ha portato a definire questa nuova figura professionale che potesse affiancarsi agli altri attori già coinvolti. Il partner educativo sostiene gli affidatari nella fase dell’inserimento del minore in famiglia, li aiuta a dare un senso all’aspetto temporaneo dell’accoglienza, li accompagna nel dialogo e nel confronto con il servizio sociale che ha in carico il caso e li aiuta a creare e mantenere relazioni significative, per quanto possibile, con la famiglia d’origine del minore.
Il partner educativo, nel momento di chiusura del progetto di affido – che non significa sempre interruzione della relazione affettiva con il minore – affianca la famiglia per permettere al minore accolto di uscire ed essere accompagnato al meglio verso il suo futuro. E alla famiglia affidataria di comprendere le motivazioni della chiusura di una fase di vita e di ricomporsi nel suo nucleo preesistente.
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