Keith Haring, l?autore dell?immagine della copertina di questo numero e degli altri disegni che accompagnano i servizi sui bambini, è stata come una meteora: ha attraversato il cielo dell?arte in meno di un attimo (infatti è morto di Aids nel 1990, a 32 anni), ma ha lasciato una scia luminosa che dura ancora oggi. Figlio di una famiglia borghese della Pennsylvania, Keith si trasferì presto a New York, senza un dollaro in tasca. Iniziò la sua avventura dipingendo con delle bombolette spray sugli spazi bianchi dei manifesti. Poi iniziò a usare le cerate abbandonate dai muratori sui cantieri dai muratori come tele. La sua era una pittura immediata, elementare. Qualcuno l?ha paragonata a quello che il rap è stato per la musica: il ritmo dei segni che fotografa la febbre di vita dei suoi adepti. Keith Haring divenne presto amico di Andy Warhol e di Jean-Michel Basquiat: un trio che ha rinnovato il linguaggio dell?arte, inglobando, quasi ricodificando tutti i simboli della civiltà consumista. Da parte sua Haring aveva anche una grande tensione umana. Lavorava quasi sempre gratis, teneva scuole di pittura e di comunicazione per bambini (ne tenne una anche per i bambini di Siena). Soprattutto dopo la scoperta del virus che lo avrebbe ucciso, si impegnò ancor più a fondo in campagne di carattere sociale. E i suoi omini elementari, così moderni e così arcaici, sono diventati i simboli di tante campagne per lo studio e la cura dell?Aids.
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