ELSA FORNERO Lavoro, Politiche Sociali e Pari Opportunità
«Dama torinese fino al midollo, molto misurata, persino algida a tratti, ma non antipatica a detta di chi la frequenta», la definiva in tempi non sospetti, lo scorso maggio, un ritratto pubblicato sull’inserto economico di Repubblica quando Elsa Fornero si è conquistata la carica di vice presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo. Donna di banca e di università, la Fornero, allieva di Onorato Castellino e molto vicina – feeling intellettuale e professionale – a Bazoli, è docente dalla cattedra di Economia all’università di Torino. 63 anni, è a capo del Cerp, il Center for reserach on pension and welfare politics (http://cerp.unito.it), che lei stessa ha fondato e ha sede naturalmente a Moncalieri, presso il Collegio Carlo Alberto a Moncalieri.
Le sue aree di ricerca riguardano il risparmio delle famiglie, la previdenza pubblica e privata e le assicurazioni sulla vita, ma il suo campo preferito d’azione riguarda i temi della previdenza, e della previdenza complementare in particolare. E proprio di previdenza si è occupata per conto della Banca mondiale, di cui è stata consulente in Russia, Lettonia, Macedonia e Albania.
Altro incarico tecnico-politico che attualmente ricopre è quello di componente del nucleo di valutazione sulla spesa previdenziale presso il Ministero del Lavoro. Firma del Sole24Ore, ad agosto e settembre, nei momenti dell’empasse tra la terza e la quarta manovra del governo Berlusconi, è più volte intervenuta sui temi della riforma previdenziale. L’11 agosto esortava governo (e italiani) a «un atto di coraggio: ossia l’anticipo al 2012 dell’applicazione del metodo contributivo: sarebbe questa a un tempo una buona risposta all’emergenza finanziaria e un’occasione per migliorare strutturalmente il sistema pensionistico».
E continua: «Questo percorso implica che le prime pensioni parzialmente contributive arriveranno a maturazione soltanto verso il 2015 e che le prime pensioni interamente contributive saranno pagate soltanto dopo il 2030. Con il metodo contributivo, a ogni età corrisponde un coefficiente per la trasformazione in pensione dei contributi, capitalizzati al tasso di crescita del Pil, maturati dal lavoratore. L’applicazione immediata, ossia a partire dal 2012, del metodo contributivo a tutte le anzianità future e a tutti i lavoratori (uomini e donne, dipendenti e autonomi, liberi professionisti e politici) e il parallelo innalzamento della fascia di età pensionabile dai 57-65 anni, stabiliti nel 1995, ai 63-68 anni per tener conto dell’aumento dell’aspettativa di vita (alla quale la fascia sarebbe successivamente indicizzata) porterebbe anzitutto a una cospicua riduzione della spesa pensionistica, stimabile in alcuni miliardi di euro all’anno». Ora, dai consigli in pagina, le tocca passare alla realtà.
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