Non profit
Chi fa esperienze associative non teme il futuro
È quanto emerge da una ricerca di Arciragzzi
di Redazione

I ragazzi che fanno parte di associazioni o organizzazioni hanno maggiore autostima, fiducia nel futuro e nella meritocrazia, e per questo tendono a non chiedere raccomandazioni e ‘aiutinì per entrare nel mondo del lavoro. È quanto emerge da una ricerca, su un campione di 1410 giovani fra i 14 e i 30 anni, realizzata da Arciragazzi nazionale e Cevas, presentata oggi a Roma. In Italia un giovane su quattro (25%) fa parte di associazioni ricreative o culturali, il 18% di associazioni volontariato, il 14% degli scout.
Un giovane su quattro (25%) del campione ha dichiarato di far parte di associazioni ricreative o culturali, il 18% di organizzazioni di volontariato e il 14% fa parte degli scout. Sul lato opposto, due giovani su dieci (18,4%) ha detto di non ha mai fatto parte di alcuna associazione, né di gruppi parrocchiali, scout o comitati studenteschi. E proprio in questa fetta del campione che si registrano alcune differenze importanti: infatti tra coloro che non hanno avuto alcuna esperienza di associazionismo il 59,4% risulta avere un basso livello di “speranza verso il futuro e nella possibilità di cambiamento”. Una situazione che si inverte tra coloro che hanno sperimentato oltre tre appartenenze al mondo associativo in cui quella percentuale si riduce al 35%. Questo rapporto si mantiene anche tenendo sotto controllo l’istruzione dei giovani e dei loro genitori, che sappiamo avere una grande incidenza su queste dimensioni che riguardano le prospettive dei giovani. In sintesi dà più speranza per il proprio futuro l’aver fatto parte di un’esperienza associativa che non avere un genitore ben posizionato socialmente
Spiega la curatrice della ricerca, Liliana Leone: «La partecipazione si traduce in investimento materiale ed emotivo su obiettivi che implicano anche una trasformazione della realtà. Nono solo, la partecipazione produce una riduzione degli atteggiamenti depressivi. Quest’ultima dimensione è particolarmente rilevante in una fase storica come quella che stiamo vivendo, dove è fortissima la percezione di essere vittime di un blocco sociale e decisionale».
Altro tema interessante che la ricerca affronta è quello dell’autoefficacia. L’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, considera l’autoefficacia una competenza di vita (life skill) di centrale importanza nei programmi di prevenzione delle devianze, dell’abuso di sostanze stupefacenti legali e illegali, del tabacco e per la promozione della salute. Esiste un legame tra partecipazione in contesti associativi e Autoefficacia: al crescere del numero delle associazioni di cui il giovane ha fatto parte cresce in modo statisticamente significativo la media riportata al test sull’Autoefficacia. Spiega sempre Liliana Leone: «I processi partecipativi rappresentano delle libertà sostanziali e possiedono un forte valore educativo, in quanto contribuiscono allo sviluppo di un sistema di competenze per la vita, di norme sociali e di credenze riguardanti i diritti delle persone, le questioni etiche e le priorità da perseguire che incidono negli anni sugli atteggiamenti e sui concreti comportamenti dei giovani».
Alla presentazione, presso la sede dell’Unicef Italia, sono intervenuti, oltr allla direttrice del Cevas Liliana Leone, il presidente nazionale dell’Arci Paolo Beni e il presidente di Arciragazzi, Lino D’Andrea.
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