Nella Chiesa si sono sempre confrontate linee diverse. Nella prima comunità cristiana Paolo si oppose a Pietro, non condivideva le direttive sui nuovi convertiti dal paganesimo: perché anche a loro, che non sono giudei, devono essere imposte le regole dell’ebraismo, come la circoncisione? Fu una disputa pubblica, in assemblea. La discussione poteva provocare qualche amarezza ma nessuno scandalo. Paolo aveva ragione, ma non mise mai in questione l’autorità ultima di Pietro. Negli anni del Vaticano II fecero epoca le dispute fra cardinali progressisti e conservatori. Etichettature schematiche, ma davano l’idea delle diverse posizioni. Se e quanto può essere riformata la liturgia cattolica senza intaccare il deposito della fede? Come raggiungere i “lontani” dalla Chiesa, attratti da altre speranze di liberazione? Era comunque espressione di vitalità. Anche oggi ci viene riferito con spasmodica insistenza di due diverse linee che si confrontano ai vertici della Chiesa, fra Segreteria di Stato vaticana e Conferenza episcopale italiana. Ma è arduo trovare qualche analogia con le controversie del passato. Sappiamo tutto o quasi dei personaggi in questione: Bertone contro Ruini, Vian contro Boffo, etc? Ma sfido chiunque a rendere conto e a motivare le differenze sul piano cultural-teologico e persino su quello politico.
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