Famiglia
Ci vogliono asili, ma là dove si lavora
È tramontata lepoca degli asili nido territoriali. E sui servizi non servono politiche settoriali. Ci vuole unaltra logica...a cura di, Roberto Volpi
di Redazione
Per contenere la famiglia liquida di questa modernità, si pensa spesso alla necessità di una rete di servizi. Che sostenga, accompagni, faciliti, permettendo ai papà e soprattutto alle mamme di avere un lavoro e al tempo stesso una equilibrata vita familiare.
Anche su questo fronte il nostro Paese è drammaticamente in ritardo. Lo sottolinea con chiarezza Roberto Volpi, professore di statistica e autore del volume La fine della famiglia: «Da molte parti si chiedono più servizi. Ma è uno slogan di dubbia efficacia. Una politica che semplicemente reclami ?più servizi? non è così efficace come sembra: bisogna capire come realizzarli perché incrocino davvero i bisogni».
Prendiamo allora gli asili: in Francia, dove la politica per sostenere la natalità ha riscosso indubbio successo, l?offerta degli asili è capillare ed anzi è considerata un punto di forza. In Italia, dove c?è una carenza strutturale pesantissima (su cento mamme che lavorano, 28 portano i figli al nido, 50 li lasciano ai nonni), come bisognerebbe muoversi? «Non c?è nessuna corrispondenza», spiega Volpi, «fra la disponibilità degli asili e la ripresa della natalità. A mio modo di vedere è tramontata l?epoca degli asili nido su base territoriale. Bisogna andare a un formidabile e straordinario lancio degli asili nido aziendali, che essendo sul posto di lavoro, negli ospedali, nelle università, nei grandi comuni, nelle aree industriali e commerciali possono consentire alle madri di conciliare meglio occupazione e famiglia».
Un modo forse per coinvolgere in una questione sociale che tutti ci riguarda anche il mondo delle imprese (e forse andrebbe individuato un meccanismo fiscale per premiare quelle aziende che realizzano politiche a favore delle donne, ad esempio conservando loro il posto durante la maternità e reimmettendole in seguito nelle medesime funzioni).
Ma per sostenere la famiglia, un altro ambito assai concreto d?intervento è la casa. Lo sappiamo tutti: affittare un appartamento, specialmente nei centri urbani, vuol dire spendere cifre esorbitanti. Il risultato è che 7 trentenni su 10 vivono nella famiglia d?origine: «Bisognerebbe aiutarli a uscire attraverso una politica di sgravi. Altrimenti come fanno a metter su casa? Più in generale comunque serve un impegno straordinario e complessivo. Non convincono più le politiche per la famiglia che sono strettamente settoriali. La famiglia deve essere al centro di tutte le scelte, anche di quelle che non sono in senso stretto per la famiglia, da quelle per il lavoro a quelle per le abitazioni, dalla ricerca all?università. Occorre ribaltare la logica rispetto alla pratica attuale: è questa l?innovazione che non c?è e che non si vede ancora all?orizzonte».
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