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Cile, l’obiezione di coscienza è ancora reato

Ieri era il 35mo anniversario del golpe militare. Nonostante da 18 anni sia tornata la democrazia, la legge sul servizio militare obbligatorio è ancora quella del regime di Pinochet. Ecco l'inchiesta di un casco bianco in servizio civile

di Redazione

di Chiara Greco, Casco bianco dell’Associazione Papa Giovanni XXIII a Santiago del Cile

 

Dal 1995 la ROC-Chile (Rete cilena di obiezione di coscienza), una rete di associazioni, è in cammino verso il riconoscimento legale del diritto all’Obiezione di coscienza, come dichiarato nella Resoluzione 1987/46, adottata il 10 marzo 1987 dalla Comissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite(1).

Le difficoltà principali nel portare avanti un obiettivo come quello della ROC non sono poche e sono determinate innanzitutto dal contesto politico cileno, a sua volta fortemente condizionato dalla storia recente. Nonostante il ritorno alla democrazia infatti, dopo 17 anni di dittatura militare, il fatto che posizioni militariste condizionino ancora fortemente l’apparato statale risulta lampante se si prendono in considerazione la spesa militare e le prerogative di cui ancora godono gli appartenenti ai ranghi militari.

Per quanto riguarda la spesa militare, nonostante il paese non sia stato piú coinvolto in uno scontro bellico dalla Guerra del Pacifico (1879-1883), questa resta una delle piú alte al mondo in proporzione al PIL (3,8%) ed è stimata intorno ai US$ 3.240 milioni all’anno(2). Inoltre, nonostante negli ultimi anni si sia ufficialmente puntato ad assicurare la professionalitá delle forze armate, la separatezza dal potere politico, la qualità di corpo non belligerante delle Forze Armate e la sua sottomissione al potere civile democraticamente costituito, secondo quanto afferma Raúl Sohr(3), in Cile i ranghi militari continuano a godere di una certa autonomia e di prerogative tra le quali il controllo del 10% delle risorse derivate dall’esportazione del rame.

Di fatto, nel 1996 la Camera dei Deputati ha approvato un rapporto della Comissione Difesa, nel quale si suggeriva di mantenere il servizio militare con carattere obbligatorio, introducendo alcune modifiche destinate a rendere flessibile il sistema e a incentivarne il compimento. Il governo ha mantenuto tale linea fino a oggi, convocando i coscritti volontari al fine di completare il numero necessario di reclute; in caso contrario si sarebbe fatto ricorso ai giovani reclutati in forma obbligatoria, secondo quanto dispone la legge.

Le prime ufficiali aperture al tema dell’Obiezione di Coscienza sono giunte con il Governo di Michelle Bachelet che già nel suo programma aveva garantito di lavorare per “la transizione ad un corpo armato professionale e volontario e per la creazione di un Servizio Civile come alternativa al Servizio Militare Obbligatorio”(4).

Di fatto nel giugno del 2006, il Governo ha presentato alla Camera dei Deputati un Progetto di Legge sull’Obiezione di Coscienza e la creazione del Servizio Civile Alternativo, con il quale però non si intende riconoscere il diritto all’Obiezione di Coscienza, quanto piuttosto contemplarla come mera causale d’esclusione, la cui veridicità deve essere dimostrata da “prove” e sottomessa a “valutazione”.

In base alle analisi effettuate e ai risultati dei recenti colloqui diretti che la ROC ha avuto con la Sottosegreteria alla Marina del Ministero della Difesa, le remore a fare dell’Obiezione di Coscienza al servizio militare un diritto legittimo, sono di varia natura: economiche, di politica interna ed estera.

 

Per leggere la seconda parte dell’articolo, cliccare sul seguente link: Antennedipace.org, il giornale online dei Caschi bianchi in servizio in tutto il mondo.

 

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