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Cina: Pechino apre al buddhismo

Di fronte alle crescenti fratture sociali, il partito comunista cinese apre al dialogo con i buddisti. A quando quello con i cattolici?

di Redazione

Oltre mille delegati provenienti da 40 paesi prenderanno parte al primo convegno religioso internazionale che si terra’ in Cina a partire da domani. Il convegno, chiamato World Buddhist Forum, si svolgera’ tra Hangzhou, la pittoresca cittadina lacustre non lontana da Shanghai, e la vicina Zhoushan.

L’importanza che il gruppo dirigente cinese – ossessionato dalla necessita’ di riportare ”l’armonia” in una societa’ in crescita ma lacerata da conflitti sociali e dal vuoto spirituale – attribuisce al Forum e’ evidente nelle parole di Ye Xiaowen, massimo responsabile del Partito Comunista Cinese per gli affari religiosi: ”..tutte le religioni, anche il Cristianesimo e l’Islam, possono contribuire alla costruzione di una societa’ armoniosa – ha dichiarato – ma il buddhismo puo’ dare un contributo di particolare importanza”. Gli scettici sottolineano che la prossima settimana l’ ideatore della ”societa’ armoniosa”, il presidente Hu Jintao, si rechera’ in visita negli Usa per incontrare il religiosissimo George W.Bush e avanzano il sospetto che la conferenza sia solo un modo per migliorare l’immagine del presidente, sotto la cui leadership la repressione contro le espressioni di dissenso, anche religiose, si e’ rafforzata.

Il ”maestro” taiwanese Shaw Fan Wang, che da 20 anni insegna buddhismo in Cina, afferma che si tratta di un incontro molto importante soprattutto per i rapporti tra buddhismo chan (zen), quello piu’ diffuso in Cina e quello tibetano. Shaw afferma che si trattera’ di una discussione centrata esclusivamente sulla religione. Esso coincide in modo significativo con le prime aperture della Cina – per bocca dello stesso Ye Xiaowen – verso il Dalai Lama, il leader tibetano che dal 1959 vive in esilio in India. Da oltre un anno, inoltre, e’ in corso una sorta di dialogo a distanza (vale a dire senza incontri diretti o almeno ufficializzati) tra Pechino ed il Vaticano per la normalizzazione dei rapporti.

Gli osservatori ritengono pero’ che la principale motivazione del governo cinese nel promuovere il convegno sia l’esigenza di trovare una strada per consentire l’espressione dei bisogni spirituali della popolazione senza che venga minato la legittimita’ del potere comunista. ”…La sola scelta possibile (per il Partito Comunista) per risolvere la questione della legittimita’ e’ quella di tornare alla cultura tradizionale”, ha scritto il quotidiano di Singapore Lian He Zao Bao commentando la convocazione della conferenza. Non per niente, sottolinea il quotidiano, l’ idea stessa della ”societa’ armoniosa” e’ un’ idea confuciana. Gli esponenti cinesi che si sono pronunciati su questioni religiose non hanno mai nascosto di considerare il buddhismo con minor sospetto rispetto al Cristianesimo, una religione ”straniera” che potrebbe essere uno strumento politico per favorire la crescita dell’influenza dei paesi occidentali. Il Forum e’ internazionale ma la parte del leone la faranno religiosi provenienti da Taiwan, Singapore, Giappone, Corea del Sud, Vietnam e Thailandia (oltre che da Hong Kong e Macao, le ”speciali regioni amministrative” della Cina): il buddhismo diventa dunque anche uno strumento di diplomazia, per mostrare ai paesi vicini – che hanno una forte presenza buddhista – il volto pacifista ed amichevole del gigante asiatico.

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