Mondo
Cinema: l’Africa in concorso al Lido dopo 19 anni
L'Africa torna dopo 19 anni in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con ''Daratt - Dry season'' (''La stagione secca''), il film di Mahamat-Saleh Haroun
di Redazione
L’Africa torna dopo 19 anni in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia con ”Daratt – Dry season” (”La stagione secca”), il film di Mahamat-Saleh Haroun, che porta la forza e la durezza del silenzio della gente del Ciad sugli schermi del Lido. Il regista, premio miglior opera prima a Venezia nel ’99 per il documentario ‘Bye bye Africa’ e selezionato da Cannes nel 2002 per il suo secondo film, ‘Abouna’, racconta questa volta la storia di una vendetta non consumata. Il film ruota tutto intorno a due personaggi, interpretati dai bravissimi attori non professionisti Ali Barkai e Youssouf Djoro. Il primo e’ Atim, un sedicenne del Ciad decide di recarsi nella capitale del Paese per uccidere Nassara (Djoro), il criminale di guerra che ha assassinato suo padre durante la guerra civile, quando sua madre era ancora incinta. Ma quando il ragazzo lo trova rimane disarmato di fronte a quello che e’ ormai un vecchio panettiere, rimasto quasi muto (si esprime solo grazie ad un amplificatore che appoggia sulla gola) dopo il tentativo di ignoti di sgozzarlo in un agguato e che gli offre ospitalita’. Il film si gioca tutto intorno alle espressioni, ai silenzi, ai gesti accoglienti o scorbutici dei due. E alle violenze e al dolore che entrambi si portano dentro. A chi gli chiede come mai il suo film sia cosi’ ‘violentemente silenzioso’, il regista replica: ”Il cinema e’ pieno di violenze spettacolari, ma non so se qui c’e’ qualcuno che ha masi assitito alla morte violenta nella realta’ -dice il regista rivolto ai giornalisti- nel mio paese non si puo’ evitare. E’ qualcosa che resta dentro, non si dimentica mai. Uccide alcuni sentimenti. La mancata vendetta del protagonista -aggiunge- non e’ il perdono. Non sono cristiano. Il modo di agire di Atim vuol dire fare i conti con il passato, che e’ necessario per andare avanti, per avere un futuro. Il dramma delle guerre civili e’ proprio questo: se non si fa giustizia, non finiscono mai”, conclude il regista.
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