Mondo
Cipsi: “Il problema è politico”
Non è solo con i militari che si potrà risolvere la situazione afghana, scrivono 42 ong e associazioni
di Redazione
«Il problema è politico: qual è il ruolo e la politica internazionale dell’Italia, dell’Europa, degli Usa, della Nato, nello scenario afghano?». A chiederlo, con un comunicato stampa, è Guido Barbera, presidente del Cipsi – coordinamento di 42 Ong e associazioni di solidarietà internazionale.
«Esprimiamo la nostra vicinanza, solidarietà e cordoglio ai familiari dei soldati italiani vittime della strage, ai feriti e a tutti i civili coinvolti, compresi quelli colpiti la scorsa settimana da un bombardamento della Nato» si legge nel comunicato. «Ma non possiamo tacere».
«E’ necessario fare un’analisi storica e politica di cosa è accaduto in Afghanistan, soprattutto negli ultimi otto anni di guerra, e del disastro che è stato provocato; attraverso un dibattito in Parlamento, decisioni del Governo, un conferenza che porti a un accordo della comunità internazionale».
«Non è solo con i militari che si potrà risolvere la situazione afghana. Non si risolvono i conflitti con la forza, ma con il dialogo» continua Barbera. «Noi associazioni del Cipsi e della società civile crediamo che sia necessario invertire la tendenza delle scelte di politica internazionale in Afghanistan. La risposta è incrementare in modo decisivo la cooperazione internazionale nel paese, per contribuire al processo di pace: che siano visibili interventi e relazioni solidali, scuole, salute, istruzione, alimentazione e difesa dei diritti di tutti. Sono l’antidoto alla guerra e al terrorismo. Condanniamo la violenza sui civili».
«Rivolgendoci ai ministri e ai parlamentari che continuano a ripetere che i problemi dell’Afghanistan, dell’Africa, delle guerre e dell’immigrazione si risolvono con la cooperazione, diciamo di essere coerenti, di dar seguito alle promesse con impegni reali sia a livello di finanziamenti che di risorse e di strumenti».
«Per questi motivi aderiamo all’iniziativa della Tavola della Pace del 3 ottobre» conclude Barbera. «Perché pace e informazione sono due beni fondamentali a rischio. Perché senza un’informazione di pace non c’è neanche una politica di pace».
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