Non profit

Cittadini-urbanisti per la metropoli futura

Un intervento per migliorare la qualità della vita in ciascuna delle nove zone. Accogliendo i suggerimenti che arrivano direttamente dagli abitanti

di Redazione

Forse li avete già notati, se siete di Milano. Maxidisegni stampati su pellicole, colori vivaci che raccontano quel che i bambini delle elementari vorrebbero per la loro città. Un modo per ascoltare i desideri dei cittadini più piccoli, quelli che solitamente nessuno interroga per davvero, e per annunciare (durante un evento il 19 aprile) ai più grandicelli l’avvio di un progetto lanciato dalla Fondazione Riccardo Catella: I progetti della gente – 2009 – 2016. «Una iniziativa che mira a realizzare nove interventi nelle nove zone della città, individuandoli fra quelli suggeriti direttamente dagli interessati, ovvero gli abitanti di Milano», spiega Anna Ballarati, portavoce della fondazione. Una progettualità che potremmo definire sussidiaria, che parte dall’ascolto e valuta la fattibilità tecnica ed economica delle proposte con l’ausilio del comitato scientifico (composto oltre che dalla fondazione, dal Comune di Milano, da Assoimmobiliare, Assolombarda, Triennale e da partner non profit) e delle tre commissioni di esperti. L’obiettivo è realizzare piccoli interventi per migliorare la qualità della vita. «Intendiamo», prosegue Ballarati, «rimettere la persona al centro delle riflessioni e dei progetti sulla città, mobilitando la società civile e il non profit, dando un contributo concreto anche in prospettiva del dopo Expo 2015». Il progetto – annunciato dalla realizzazione di sette parchi giochi aperti lo scorso anno – ha di fatto anticipato l’articolo 23 del decreto salva crisi che ha introdotto una detassazione dei microprogetti «di arredo urbano o di interesse locale operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà», prevedendo che «per la realizzazione di opere di interesse locale, gruppi di cittadini organizzati» possano formulare «proposte operative di pronta realizzabilità», «indicandone i costi ed i mezzi di finanziamento, senza oneri» per l’ente locale. «Non sappiamo se avremo questa possibilità, perché la Regione non ha ancora approvato il regolamento previsto», spiega Ballarati.
Un articolo diventato legge, nonostante la lobby degli edili, che è comunque riuscita a depotenziare questo strumento. Infatti, mentre la prima versione della disposizione prevedeva il meccanismo del silenzio assenso (decorsi due mesi dalla presentazione della proposta, i cittadini avrebbero dovuto interpretare il silenzio del Comune come un sì), quella definitiva ha invertito il regime autorizzatorio: l’ente locale è obbligato a esplicitare l’approvazione delle proposte, pena il loro decadimento. Un onere in più per amministrazioni già oberate e una complicazione che di sicuro poteva essere risparmiata ai cittadini. Ma se progetti come quello della Fondazione Catella si moltiplicheranno…

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