Welfare
Clandestino, non ti vogliamo. nemmeno per scontar la pena
I paradossi del pacchetto sicurezza
di Redazione
Sulla carta è possibile richiederlo. Nessuno però lo fa. E se ci provasse, ecco l’inghippo, metterebbe in seria difficoltà il giudice di pace che decidesse di applicare il provvedimento. Per una ragione semplice. Per beneficiare di quella misura sostitutiva non dovrebbe essere ciò che in realtà è: un irregolare. Paradossi del reato di immigrazione clandestina. Le norme sull’attività penale dei giudici di pace, competenti a valutare il nuovo reato, consentono la conversione della pena pecuniaria in lavori di pubblica utilità su richiesta del condannato insolvente.
L’ammenda, se invece non è richiesto il lavoro sostitutivo, si trasforma in obbligo di permanenza domiciliare. Belle idee se non fosse che risultano difficilmente applicabili ai clandestini. Come fa uno straniero irregolare, questo il paradosso, ad aprire una posizione assicurativa, previdenziale o assistenziale per iniziare il lavoro socialmente utile o a scontare la condanna a casa se una casa non ce l’ha? Se n’è accorta anche la Consulta che ha sottolineato il paradosso nella recente sentenza proprio sulla costituzionalità del reato introdotto dalla legge 94.
Vita ha provato a verificare che cosa sta succedendo nel distretto giudiziario di Milano. Non mancano le sorprese. Novità che fanno luce anche sulla presunta efficacia del pacchetto. Il lavoro sostitutivo, al di là dell’applicabilità o meno, non viene richiesto perché i clandestini non si presentano in giudizio. «Nella maggior parte dei casi sono contumaci o irreperibili», dice Marco Cavalleri, giudice di pace coordinatore di Legnano. Idem a Milano. «Giudichiamo soprattutto immigrati già detenuti per altri reati. Li portano da San Vittore, li processiamo e li riportano dentro», gli fa eco l’avvocato Tommaso Cataldi, magistrato onorario di Milano, referente delle sezioni Penale e Immigrazione. Diverse, invece, le sentenze emesse. Mentre a Milano prevalgono le ammende, a Legnano le espulsioni. La legge 94 consente, infatti, al giudice di pace di sostituire la pena pecuniaria per ingresso o soggiorno illegale nel territorio italiano con l’accompagnamento alla frontiera. Una condanna, quest’ultima, che di fatto quasi mai viene eseguita. C’è, tuttavia, una ragione più profonda sulla mancata ammissione al compimento di lavoro di pubblica utilità. Lo spiega l’avvocato Guido Savio, socio dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi). «Il motivo mi pare ovvio: se ciò accadesse si legittimerebbe il soggiorno in Italia di uno straniero che non ha titolo a soggiornare e che, proprio per questo, è stato condannato. Il che contraddice la ratio della disposizione in esame».
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