Non profit
Clemente Mimun: «Il volontariato non va imposto con le quote»
Parla il direttore del Tg5
di Redazione
E’ cauto, Clemente Mimun, direttore del Tg5: «Non è semplice separare gli spazi dedicati al volontariato, che di sicuro permea la cronaca ma anche gli altri settori dei telegiornali. Del resto, onestamente mi sembra difficile immaginare che la società civile abbia lo stesso spazio riservato al governo, alla politica».
Vita: Ora però è molto esiguo…
Clemente Mimun: Forse si può creare un luogo apposito per parlare delle tante iniziative che non trovano riscontro e che meritano di essere conosciute anche per dar vita a un proselitismo positivo.
Vita: Secondo lei, il contratto pubblico di servizio andrebbe superato?
Mimun: Starei molto attento a tutto quello che può indebolire la Rai e il suo patrimonio culturale, che io difendo. Dagli anni 50 alla fine dei 70 ha svolto il suo ruolo in modo egregio. Poi le cose sono cambiate. Non c?è più una televisione, ce ne sono mille. E quindi forse anche il contratto pubblico potrebbe essere declinato diversamente. La Rai però va difesa perché ha dei vincoli previsti appunto dal contratto di servizio che somigliano un po? a quelli che hanno rovinato l?Alitalia…
Vita: È d?accordo con il consigliere Curzi?
Mimun: No, mi riferisco al fatto che Alitalia copriva anche rotte non economiche: essendo vettore nazionale lo doveva fare. Lo stesso vale per la Rai: 21 notiziari regionali, mille convenzioni…
Vita: Tornando al pluralismo sociale…
Mimun: Il volontariato non va imposto con le quote. Comporterebbero un rischio analogo a quello dei programmi culturali: che si fanno a notte fonda e non li vede nessuno. Inseguiamo tutti l?ascolto e talvolta sull?altare del mercato si sacrificano cose che non andrebbero sacrificate. Ciò detto, se ci si occupa dei temi con passione giornalistica e un po? di fantasia editoriale, tutto riesce a essere interessante.
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