Dopo Copenhagen 2009 è ora il turno di Cancun 2010. I big del pianeta si preparano a discutere in Messico di clima e green economy, ma i “piccoli” big dell’Africa hanno già pronto un piano per il continente. Con l’autunno, i presidenti dei più importanti Paesi africani si sono riuniti più volte per arrivare ad un accordo condiviso, e l’obiettivo sembra centrato. Al termine del settimo Forum per lo Sviluppo dell’Africa, tenutosi ad Addis Abeba nel mese di ottobre, i delegati dei governi africani, della società civile e del settore privato hanno firmato un documento di 56 punti sul cambiamento climatico. Il documento – che rappresenta la posizione ufficiale africana per il summit di Cancun – rafforza le richieste di Copenhagen. Sostegno economico ai Paesi in via di sviluppo, perché «non siamo noi la causa del cambiamento climatico ed è compito dei Paesi responsabili fornire le risorse necessarie a contrastarlo», afferma Abdoulie Janneh, segretario esecutivo della Commissione economica per l’Africa delle Nazioni Unite. Ma i delegati africani non si sono fermati a richieste di risarcimento. La nuova parola d’ordine è “soluzioni africane”. I poteri della Conferenza dei capi di Stato e dei governi africani per il cambiamento climatico sono stati rafforzati, eleggendola portavoce del mondo politico e scientifico dell’Africa. L’adattamento al nuovo clima invece prenderà la strada della ricerca “made in Africa”. Le leggi in materia ambientale verranno rafforzate in tutto il continente, mentre i leader hanno appoggiato la creazione di un Africa Green Fund promosso e sostenuto dall’African Development Bank.
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