Non profit

Clima, il mondo può attendere

Sì ai fondi contro il climate change ma nessun impegno vincolante sulle emissioni

di Redazione

A Cancún il mondo è riuscito a salvare la faccia, ma non il pianeta. All’indomani della conclusione della Conferenza mondiale sul Clima, che ha visto riunite le delegazioni di 120 Paesi in Messico per due settimane, l’impressione è che si siano salvati gli strumenti, senza affrontare il nocciolo del problema.

Si è riusciti a tenere in vita il protocollo di Kyoto, l’unico strumento vincolante per la lotta ai cambiamenti climatici, che il Giappone e un altro gruppo di Paesi non voleva più rinnovare dopo la sua scadenza naturale il 31 dicembre 2012. Nell’accordo firmato a Cancún c’è scritto che dovrà continuare, e che i Paesi che vi aderiscono dovranno innalzare i loro tagli di CO2 fra il 25% e il 40%. Ma l’indicazione è generica, non ci sono scadenze e cifre concrete.

A salvare il summit di Cancún dal fallimento è stato l’accordo sugli stanziamenti. È stato confermato il fondo per sostenere i Paesi in via di sviluppo alle prese con le conseguenze dei cambiamenti climatici: 30 miliardi di dollari, di cui 410 milioni dovranno essere stanziati dall’Italia. E si è dato il via all’inedito “Green climate fund”: 100 miliardi di dollari previsti, gestiti dalla Banca Mondiale con 40 Paesi, 15 industrializzati e 25 in via di sviluppo.

Le associazioni ambientaliste hanno reagito con soddisfazione. Forse ci si aspettava di peggio da un summit di transito, com’è stato definito fin da subito quello messicano. Alle spalle c’era il fallimento di Copenhagen lo scorso anno e davanti c’è il ben più decisivo summit che si terrà a Durban nel 2011. Per sbilanciarsi sugli impegni c’è ancora un anno di tempo, si sono detti i governi a Cancún. A dispetto di una verità lapalissiana: il clima non aspetta.

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