Comitato editoriale
Quegli educatori che aiutano ad essere genitori
A Milano si chiama ADM, Assistenza Domiciliare Minori, e a Roma si chiama Sismif, Servizio Integrato a Sostegno del Minore in Famiglia. Un servizio che Arché svolge da sempre attraverso l’importante figura degli educatori che entrano nelle case dove il disagio dei genitori è così forte che riesce a piegare anche la gioia spontanea di un bimbo
di Redazione

Ci sono case dove il disagio dei genitori è così forte che riesce a piegare anche la gioia spontanea di un bimbo. Penseresti di trovarlo pieno di vitalità, nonostante tutto, e invece è nella sua stanza, spento anche lui. Ci sono case dove si vive il conflitto, la fatica di andare avanti, la difficoltà di integrarsi. È in queste case che, spesso, entrano gli educatori di Arché.
A Milano si chiama ADM (Assistenza Domiciliare Minori) e a Roma si chiama Sismif (Servizio Integrato a Sostegno del Minore in Famiglia): è un servizio che Arché svolge da sempre attraverso l’importante figura degli educatori. Una figura che viene riconosciuta come significativa per il bambino e per il ragazzo, ma anche per i genitori, perché raccoglie bisogni e domande presenti nel nucleo familiare ma spesso inespressi per via delle incombenti difficoltà. Il suo compito è quello di attivare o supportare le risorse interne o vicine alla famiglia, creando ponti con i servizi del territorio.
L’educatore non svolge il suo lavoro da solo: all’interno della Onlus è supportato dalla figura del coordinatore che supervisiona il progetto sul nucleo familiare ed è la figura a cui, in primis, l’educatore a sua volta si riferisce.
“Ci sono molti fattori, all’interno di una famiglia, che riducono le capacità genitoriali degli adulti – dice padre Giuseppe Bettoni, fondatore e presidente di Arché – ci sono genitori che hanno fragilità personali, difficoltà economiche, o che vivono un momento di malattia dovendosi districare tra mille difficoltà pratiche. Sono tutti elementi che interferiscono, spesso negativamente, nel rapporto con il bambino e può succedere per esempio che i figli abbiano bisogno di una maggiore attenzione e cura”.
“L’educatore attraverso le visite domiciliari si occupa – continua padre Bettoni – anzitutto del sostegno scolastico del bambino e della sua socializzazione, ma aiuta anche i genitori nell’organizzazione pratica di una giornata. Per esempio accompagna il bimbo a fare visite mediche o va a prenderlo a scuola. È un supporto quotidiano che ha un suo preciso obiettivo: arrivare ad una maggiore autonomia del genitore. Gli educatori non sono mai soli nel loro lavoro quotidiano insieme alle famiglie: a loro volta si confrontano con un coordinatore interno di Arché: è necessariamente un lavoro di équipe”.
A Milano e a Roma, sono diversi i nuclei familiari presi in carico da Arché e che sono segnalati normalmente dai Servizi sociali. A Roma, in particolare è attivo il progetto dedicato ai minori affetti da Hiv, nato dal Dipartimento delle Politiche Sociali Sussidiarietà e Salute di Roma Capitale, per il quale abbiamo in carico 8 nuclei familiari.
Il lavoro da fare è importante. Anzitutto per entrare in una casa è sempre necessario un atteggiamento rispettoso e attento, scevro da pregiudizi e capace di accogliere anche l’imprevedibile. A volte si deve far fronte a un’atmosfera pesante per il grave problema dello sfratto, oppure per un genitore che vive un momento di depressione e comunque occorre avere un’attenzione particolare per il bambino o i bambini che magari cercano rifugio da tanto dolore chiusi e zitti nella loro stanza. Il lavoro dell’educatore avviene proprio all’interno della famiglia: egli fa da ponte con il mondo esterno, aiuta i genitori ad orientarsi tra i servizi del territorio, ha un ruolo di “vigilanza” nel prevenire i disagi del minore, di sostegno all’inclusione sociale, di prevenzione dei conflitti. Per ciascun bambino, o ragazzo, viene definito con i Servizi sociali un Piano Educativo Individualizzato (PEI) che viene periodicamente verificato dai Servizi sociali e discusso da una équipe interna di Arché.
“Il lavoro a domicilio deve farsi carico di situazioni con problematicità diverse – conclude padre Giuseppe Bettoni – a volte il disagio famigliare è grave, ma può anche essere che invece il bisogno di supporto sia più lieve e preventivo. È comunque un lavoro trasformativo proprio per l’abilità e la capacità dell’educatore di far leva sulle risorse già presenti per potenziarle”.
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