Welfare
Comunità e cantiere, la mia vita in ricostruzione
Edda, l'ex leader dei Ritmo Tribale, è tornato dopo sette anni con don Mazzi
di Redazione

Negli anni 90 col suo gruppo era un punto di riferimento
per gli appassionati di hard rock. Poi la caduta libera. Sei anni da tossico e il lento recupero. «Semper biot» è il suo nuovo disco: «Ma oggi io sono un pontista» Scarponi, calzoni corti, capelli a zero, sporco di calce dalla testa ai piedi. Riecco Stefano Rampoldi, l’ex voce dei Ritmo Tribale, gruppo cult della Milano degli anni 90. Dopo 13 anni di black out, “Edda” è di nuovo fra noi. C’è chi lo dava disperso in India, per altri era finito a fare il commesso del McDonalds di Porta Romana. C’era anche chi era pronto a scommettere sulla sua morte. È invece è qui seduto su una panchina. Il pranzo di oggi è a base di cioccolato bianco, pane e coca light. Di fronte a lui il cantiere di via Rizzoli. Il suo lavoro. Edda oggi fa il pontista. Poche centinaia di metri più in là, la sede centrale di Exodus al parco Lambro. Un caso? Forse no.
Vita: Edda, dove era sparito?
Stefano “Edda” Rampoldi: Sono stato sei anni a fare il tossico. Un anno in una comunità di Exodus a Varese, poi gli ho detto, «oh, io sono guarito», mi sono cercato lavoro e per due anni sono andato a lavorare al supermercato. Poi sono passato a fare ponteggi. Per tutto il tempo ho vissuto in comunità. Sono fuori, nel senso che non dormo più lì, solo da un mese e mezzo. L’idea era d’andare in Inghilterra, lavoravo per raccogliere i soldi, ma alla fine non è andata in porto.
Vita: In totale in comunità ci è rimasto per sette anni. Molto più di quanto preveda un comune programma di disintossicazione. Perché?
Edda: È dipeso dal fatto che fuori non avevo molto a cui riagganciarmi. Niente famiglia, niente amici. I miei non li ho visti per sei anni. Non me la sentivo. E poi c’era il legame con Walter. Questo poveraccio che mi seguiva e mi ha sopportato.
Vita: Ma questa comunità com’è?
Edda: La comunità alla fine diventa una famiglia anche se le persone cambiano, è un bel mezzo. È bello stare insieme, condividere le cose. Arrivi che sei un fantasma. Ma se decidi che vuoi cambiare vita è una chance, una possibilità enorme.
Vita: Quindi ha dei rapporti, degli amici lì?
Edda: No, credo che siano finiti tutti male quelli del mio gruppo. Non dico che siano morti, ma non so dove siano.
Vita: Dove vive adesso?
Edda: In una specie di comunità. Sto con tre famiglie. Tre fratelli sposati. Uno è Andrea, il mio musicista. Sono in simbiosi con loro. Sono una sorta di sanguisuga: mi piacciono le famiglie degli altri.
Vita: E lei? Non ha mai pensato di farsene una sua?
Edda: Non riuscirei a sopportarla. Non so come mai, ma se fosse la mia so già che non ce la farei.
Vita: Come va con i genitori?
Edda: Tendo a vivere le cose in maniera un po’ esagerata. O tanto amore o niente. Siccome l’amore in qualche modo era venuto a mancare, nel senso che certe cose di me non le apprezzano… Per la verità anch’io non le apprezzo. Sto lontano dalla famiglia per non sentire la vergogna e la delusione loro e mia.
Vita: E con il suo gemello?
Edda: Non lo vedo e sento da sei anni. Non ho neanche mai visto casa sua.
Vita: E stua sorella?
Edda: Si è sposata e non sono andato al matrimonio. Poi si è ammalata ed è morta. Non sono andato al funerale.
Vita: Però se costruisse una famiglia sua magari sarebbe diverso…
Edda: La famiglia è un legame vero. Non puoi disconoscerlo, c’è e basta. Per me è come nel calcio, se sei fuori dagli schemi della squadra la cosa non funziona, giri a vuoto. Io sono fuori dagli schemi della famiglia.
Vita: È fuggito. Lo dice anche in una vecchia canzone, «Sogna». Oggi?
Edda: Mi darei un calcio nel culo.
Vita: No, intendo dire se continua a scappare…
Edda: Sì, continuo a scappare.
Vita: Non le hanno insegnato nulla questi anni?
Edda: Ah, bè non farei più una fuga così becera. Mi piacerebbe di certo trovare qualcosa di più significativo che andare a lavorare la mattina e a dormire la sera.
Vita: Non l’ha trovato quindi…
Edda: No, non ho trovato niente.
Vita: E i ponteggi?
Edda: Un supplizio autoinflitto per scontare il carma.
Vita: Poteva scegliere qualcosa di più leggero!
Edda: I lavori più leggeri già li fanno gli altri, questo era libero. Volevo stare attaccato alla realtà e capire se sono un uomo. Se riuscivo a sopportare questa cosa. Capire se sono di cristallo. A quanto pare no, riesco a farlo.
Vita: E con Dio, com’è il rapporto?
Edda: Io non riesco a scegliere. Non so perché sto al mondo. La gente vive per lavorare, sposarsi, fare figli e divertirsi. A me queste cose non mi dicono né danno nulla. Se dovessi morire mi starebbe bene. Tanto quello che c’è qua lo so, e non è che mi esalti. Se muoio, almeno so cosa succede dopo. Dio è una risposta assoluta che permette di affrontare cose brutte.
Vita: C’è chi dice che è una questione di senso.
Edda: Certo… però io temo che noi siamo qui solo per pagare.
Vita: Come mai?
Edda: Perché si soffre troppo. Spero che una volta pagato il prezzo si torni nel mondo spirituale.
Vita: Giovanni Lindo Ferretti, ex Csi, si è convertito. Ha mai pensato di fare come lui?
Edda: Lui ha trovato la risposta nella religione cristiana. È tornato a casa. Io non potrei. Non ho una casa.
Vita: E in politica da che parte sta?
Edda: Sono per la monarchia santa. Troviamo un santo. Non so, ad esempio San Francesco. Lo facciamo re d’Italia, che cavolo di problemi vuoi che abbiamo. Non puoi far fare la politica ai mascalzoni. Poi per me la gente si divide in quelli che mangiano la carne e quelli che non la mangiano. San Francesco non la mangiava.
Vita: Si vede ancora con i Ritmo Tribale, i stuoi vecchi compagni?
Edda: Non abbiamo più rapporti.
Vita: Edda, ma perché ha cominciato a farsi?
Edda: Boh. Chi si droga, in quel momento, «l’è andat col cu». Non c’è più con la testa. È come se uno ti chiedesse, «vuoi un milione di euro o un milione di calci nel culo?» e tu scegliessi i calci. Io sono convinto che ci sia una buona parte di destino. Ad un certo punto ti manca qualcosa che ti permetta di dire no. Ho smesso di suonare perché ritenevo di non valere nulla, avevo 33 anni, ero bello come al sole e non so perché mi sono buttato via. Per me doveva succedermi qualcosa al di là delle mie scelte. Non voglio togliermi responsabilità. È sempre e comunque colpa mia. Di certo lo Stefano di oggi è meglio di quello di allora.
Vita: Parliamo del nuovo album. «Semper biot», sempre nudi: perché questo titolo?
Edda: In realtà doveva essere «Puttana da un euro» perché ho visto un porno con una che mi piaceva tantissimo. In genere le pornoattrici sono tutte delle poverette. Lei invece era diversa. Nel film le fanno un’intervista e lei è vera in quel momento. Ad un certo punto dice «Dai, dimmi che sono la tua puttana da un euro»”. Sta cosa non l’avevo mai sentita. Mi ha colpito non tanto la sua frase ma la sua verità. Io mi sentirei tanto puttana da un euro se potessi. Se Dio mi avesse fatto bello. Ma anche da venti cent. Anche solo puttana e basta.
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