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CONGO: Amnesty International: rafforzare embargo su armi

Conclusioni e raccomandazioni a seguito della missione di Amnesty International in Congo

di Redazione

Tra novembre e l’inizio di dicembre, una delegazione di Amnesty
International ha svolto una missione di ricerca nella Repubblica
Democratica del Congo (Rdc), visitando la provincia del Nord Kivu e i
campi profughi situati lungo il confine con l’Uganda sud-occidentale.
I delegati di Amnesty International hanno svolto ricerche sulle violazioni
dei diritti umani verificatesi nel corso del conflitto e hanno avuto
colloqui con alti rappresentanti di tutte le parti coinvolte. In
particolare, hanno incontrato esponenti di organizzazioni umanitarie,
agenzie delle Nazioni Unite, comandanti delle forze di peacekeeping (tra
cui il generale della Monuc, Bipin Rawat) e attivisti locali per i diritti
umani. Inoltre, hanno incontrato o intervistato vittime e testimoni delle
recenti violazioni dei diritti umani, il comandante delle forze armate
regolari della provincia del Nord Kivu, generale Mayala, il capo dei
ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp), Laurent
Nkunda, e comandanti delle milizie locali mayi-mayi.
Amnesty International e altre organizzazioni per i diritti umani hanno
inviato oggi una lettera aperta al Consiglio di sicurezza chiedendo il
rafforzamento dell’embargo Onu sulle armi nell’Rdc. La lettera aperta
evidenzia l’assenza di procedure con cui la Monuc possa verificare che le
forniture militari provenienti da Sudan, Cina e altri paesi e destinate
all’esercito regolare, siano utilizzate esclusivamente da quest’ultimo. Le
organizzazioni per i diritti umani, inoltre, hanno sollecitato il
Consiglio di sicurezza ad assistere il governo dell’Rdc nel compito di
professionalizzare le proprie forze armate, evitare la dispersione delle
forniture militari e porre fine all’impunita’.
Conclusioni della missione di Amnesty International
Le informazioni di prima mano raccolte dalla missione di Amnesty
International indicano che nella provincia del Nord Kivu sono in corso
crimini di guerra e altre gravi violazioni dei diritti umani. Esse
comprendono:
1. Uccisioni illegali di civili, su scala quotidiana

Il 5 novembre a Kiwanja uomini armati del Cndp hanno ucciso decine di
civili, prevalentemente di etnia nande e hutu, come rappresaglia per un
precedente attacco portato contro la citta’ da parte delle milizie
mayi-mayi.  Sempre a Kiwanja, il 28 novembre, sono state assassinate sette
persone appartenenti al medesimo nucleo familiare.

2. Violenza sessuale

E’ un fenomeno diffuso che chiama in causa sia le forze governative che i
gruppi armati. Uno specialista che cura le sopravvissute allo stupro ha
descritto questa come una pratica ‘istituzionalizzata’ tra le forze
armate. Le donne stuprate vengono talvolta minacciate di morte se
cercheranno assistenza medica. Sia i mayi-mayi che le Forze democratiche
per la liberazione del Ruanda (Fdlr) sequestrano e violentano donne e
bambine. Amnesty International ha riscontrato una dimensione etnica dello
stupro (che colpisce, cioe’, le donne e le bambine della comunita’
percepita come ‘opposta’), mentre in ulteriori casi e’ stato utilizzato
come forma di punizione o di rappresaglia. Il fatto che le forze armate
regolari e i comandanti dei gruppi armati quasi non prendano alcuna misura
per prevenire e punire gli stupri indica che questo crimine viene
condonato e implicitamente incoraggiato.

3. Bambini soldato

C’e’ stata una ripresa dell’arruolamento o del ri-arruolamento dei bambini
da parte dei gruppi armati. Molti di essi hanno cercato di nascondersi per
evitare il sequestro e il reclutamento. I bambini costituiscono tra il 50
e il 60 per cento dei rifugiati e degli sfollati.

4. Minacce ai difensori dei diritti umani

Molti attivisti per i diritti umani, giornalisti e operatori sanitari
continuano a ricevere minacce da parte delle forze armate. Alcuni di essi
sono stati costretti a lasciare il paese o a entrare in clandestinita’.

5. Situazione umanitaria

La situazione resta disperata per decine di migliaia di sfollati nelle
zone di Masisi, Lubero e Rutshuru, dove a causa della violenza in corso
gli aiuti umanitari devono ancora arrivare. Anche nei campi profughi nei
pressi di Goma, dove gli aiuti sono arrivati, molte persone vivono nel
terrore e la protezione fisica e’ assai scarsa. Vi sono regolari denunce
di stupri, saccheggi e sparatorie, spesso ad opera delle forze
governative.

A novembre, gli organismi umanitari avevano stimato che circa il 70 per
cento della popolazione del Nord Kivu (su un totale di cinque milioni di
persone) risultava sfollato o affluito all’interno di campi profughi.
Secondo la Monuc, un abitante su quattro della provincia (circa 1.350.000
persone) e’ stato registrato come profugo. La situazione dei campi
profughi e la fornitura degli aiuti variano in base al controllo
esercitato sulla zona dai gruppi armati; alcuni campi sono stati
distrutti.

6. Esercito regolare

Le forze armate regolari (Fardc) sono le prime responsabili
dell’integrita’ territoriale e della sicurezza ma continuano a commettere
gravi violazioni dei diritti umani, come stupri e saccheggi. La disciplina
e’ completamente assente in alcune zone del Nord Kivu, specialmente
intorno a Kanyabayonga, dove i soldati si sono dati a prolungati
saccheggi, compiendo stupri e uccisioni. Le Fardc sono un amalgama tra le
forze del precedente governo e unita’ di gruppi armati di opposizione.
Sono scarsamente addestrate e lacerate da preesistenti lealta’ etniche e
politiche. Grandi quantita’ di armi delle Fardc sono finite nelle mani dei
gruppi armati.

Al termine della missione, Amnesty International ha ribadito la necessita’
urgente di un’efficace protezione della popolazione civile del Nord Kivu.
Questa al momento risulta l’eccezione piuttosto che la regola, dato che
molte comunita’ vivono ancora nel terrore o si danno alla fuga,
nell’assenza di qualsiasi forma visibile di protezione da parte della
Monuc. La Monuc, a sua volta, attende ancora l’arrivo dei 3000 peacekeeper
aggiuntivi, disposti dal Consiglio di Sicurezza a novembre. Le Nazioni
Unite hanno espresso l’auspicio che questa forza possa stabilizzare la
regione mentre si svolgono i negoziati politici. Tuttavia, il mandato e la
zona di dispiegamento della forza aggiuntiva rimangono ancora da chiarire.

Raccomandazioni di Amnesty International

Il rafforzamento della Monuc e’ imperativo e urgente. Ogni giorno di
ritardo costa vite umane. Lasciare che migliaia di persone si diano alla
fuga senza protezione o che le donne e le ragazze nei campi profughi siano
esposte alla violenza sessuale e’ inaccettabile. La Monuc deve diventare
piu’ attiva e visibile, soprattutto lungo le strade principali del Nord
Kivu, e mantenere una presenza stabile presso le barriere organizzate
dalle Fardc e dai gruppi armati lungo quelle vie di comunicazione.
Inoltre, deve svolgere pattugliamento all’interno e all’esterno dei campi
profughi, soprattutto di notte, cosi’ come in modo piu’ ampio di giorno,
quando i profughi lasciano i campi per cercare cibo e legna.

Occorre rinnovare la pressione sulla comunita’ internazionale, sui governi
che hanno influenza regionale, sull’esercito nazionale e sui gruppi armati
di opposizione affinche’ cessi il ciclo delle violazioni dei diritti
umani. Questo obiettivo dev’essere centrale negli attuali e futuri sforzi
diplomatici per fermare i combattimenti e lo stesso inviato speciale del
Segretario generale dell’Onu, Olusegun Obasanjo, dovra’ tenerne conto
nella sua mediazione.

La mediazione in corso dovra’ anche proporre e gettare le fondamenta per
una soluzione a lungo termine delle cause del conflitto, che preveda
pertanto:
– la fine della presenza dell’Fdlr e di altri gruppi armati stranieri
nell’est dell’Rdc;
– la fine della proliferazione delle armi e uno stretto controllo sulle
forniture di armi in tutto il territorio;
– una piena riforma dell’esercito, per renderlo capace di proteggere tutte
le comunita’ dell’est del paese in modo neutrale e nel pieno rispetto dei
diritti umani. Gli appartenenti alle forze armate sospettati di crimini di
guerra o di altre gravi violazioni dei diritti umani dovranno essere
immediatamente rimossi da ogni posizione di comando nell’esercito e nelle
altre forze di sicurezza;
– la fine dell’impunita’ e lo sviluppo di meccanismi nazionali di
giustizia con lo specifico mandato di indagare e svolgere processi sulle
violazioni dei diritti umani commesse nell’Rdc a partire dal 1994.

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