Calo (leggero) dei fatturati ma tenuta e a volte anche aumento della forza lavoro. Come si spiega questo paradosso? Il presidente
di Legacoop e il direttore
di Confcoop spiegano
come il sistema
emiliano-romagnolo
ha retto al ciclone della crisiÈ un sistema cooperativo che ha saputo reggere l’urto della crisi, quello emiliano-romagnolo. Attraversando con buone prestazioni un ciclone che ha invece colpito, e in alcuni casi fortemente, le ambizioni di altri settori. Nel 2009, per esemplificare, il Pil regionale è calato del 5%, mentre il numero di occupati della regione è diminuito rispetto al 2008 dell’1,2% ed è salito il tasso di di disoccupazione attestandosi al 4,8% (+ 1,6%). Se invece si guarda all’universo cooperativo, si registra un trend più stabile.
Ruolo anticiclico
In casa Legacoop il numero degli occupati nelle 1.550 cooperative regionali ha segnato uno 0,1%, con un incremento del valore della produzione pari allo 0,8% (per un totale di 29 miliardi e mezzo). «Abbiamo puntato soprattutto a salvaguardare l’occupazione dei circa 156mila dipendenti», spiega Paolo Cattabiani, presidente di Legacoop Emilia-Romagna,«facendo al tempo stesso un ricorso molto contenuto agli ammortizzatori sociali e, si badi, in presenza di cooperative che hanno visto il fatturato crollare anche del 40%». «Risultati possibili», aggiunge Cattabiani, «grazie al grande impegno dei dirigenti cooperativi, al ruolo anticiclico della cooperazione e alla scelta di privilegiare il lavoro». Da qui (e si capisce) una moderata soddisfazione, la stessa che si respira in Confcooperative, nel cui sistema il contenuto calo di fatturato (-1,9%) è compensato da un +3,5 degli occupati (in totale circa 70mila addetti nelle 1.781 cooperative che fanno un fatturato di 12,8 miliardi).
«Un aumento che in qualche misura ha sorpreso anche noi», commenta Marco Venturelli, direttore di Confcooperative Emilia-Romagna, «tanto più che i bilanci delle cooperative hanno sofferto per un calo della marginalità anche molto significativo. In alcuni casi crollata addirittura del 50%. È evidente però la scelta di privilegiare il lavoro sui fatturati».
Dunque i buoni risultati delle imprese cooperative emiliano-romagnole si spiegano con un impegno (coerente con la mission, d’altronde) a salvaguardare i posti di lavoro, a sviluppare forme di mutualità interna.
Una scelta strategica importante che però non dice tutto. Ad essa infatti occorre affiancare, come spiega Cattabiani, «la convinzione messa in pratica che lo sviluppo è solidarietà e che senza quest’ultima non ci può essere il primo. Certo, alcuni settori hanno sofferto più di altri, ma nel complesso il sistema ha tenuto». Una eterogeneità che ha caratterizzato anche le associate di Confcooperative: «Il comparto agricolo nel suo complesso, la produzione-lavoro hanno incontrato difficoltà specifiche. Tutti però hanno scelto di investire in innovazione e internazionalizzazione, una decisione strategica e non scontata», gli fa eco Venturelli.
Il corridoio lungo
Quanto al futuro, se per dirla con Cattabiani, «il corridoio è lungo», cominciano però a intravedersi segnali di ripresa, che andrà comunque aiutata: «Nel complesso occorrerà lavorare sull’integrazione fra le cooperative, con fusioni o integrazioni di carattere consortile», prevede il direttore di Confcooperative. «Dobbiamo valorizzare ulteriormente la presenza e la qualità della cooperazione», conclude Cattabiani, «anche attraverso percorsi di concentrazione della rappresentanza».
Maurizio Regosa
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