Mondo
Cooperazione internazionale: sì al profit, ma sia motore di sviluppo
Nove posti di lavoro su dieci nei paesi in via di sviluppo provengono da imprese profit, che hanno un ruolo fondamentale nella lotta alla povertà. Ma per trarre vantaggi per l’intera società è necessario il coinvolgimento delle realtà non profit. L'intervento del Segretario Generale AVSI dopo l'inchiesta di Vita magazine sul blending
di Redazione

Favorire l’economia “dal basso”, microimprenditoria, filiere, sviluppo locale. Ma soprattutto coinvolgere il privato non profit tra gli attori dello sviluppo, affinché risulti efficace e inclusivo. L’Europa, dopo dieci anni dall’ultima presa di posizione formale, ha rilanciato con forza l’importanza del ruolo del settore privato nella lotta globale alla povertà, capace di rappresentare il 90% dei posti di lavoro nei paesi in via di sviluppo. Un dato dal quale non si può più prescindere e che anche i anche i ministri per lo sviluppo della Ue – principale donatore al mondo – dovranno tenere in conto nel corso del semestre europeo a guida italiana.
L’inchiesta sul numero di luglio di Vita magazine ha evidenziato bene il cambio di rotta europeo in materia di aiuti pubblici allo sviluppo. E come un sapiente mix tra grants e loans possano incentivare l’accesso delle imprese private in contesti considerati rischiosi. E’ un percorso da tenere in forte considerazione: il settore privato, con le risorse e le competenze di cui dispone, con la sua capacità di creare innovazione e ricchezza, ha un ruolo fondamentale da svolgere.
Ma per avvantaggiare l’intera società è necessario un passaggio ulteriore: il coinvolgimento delle realtà non profit e della loro profonda conoscenza dei contesti e delle comunità locali. Le ONG, in quanto organizzazioni della società civile, sono il ponte di collegamento ideale tra comunità, imprese e autorità pubbliche. Sono l’ultimo miglio per raggiungere, attraverso l’azione e lo sforzo comune, la singola persona.
Proprio il lavoro rappresenta evidentemente la sintesi dei rapporti tra impresa e società. E se vogliamo che le pmi giochino un ruolo centrale nella creazione di posti di lavoro é importante evidenziare il grande potenziale rappresentato dalla possibilità di inserire tali realtà nelle catene produttive delle grandi imprese e nei canali commerciali internazionali (specialmente nell´ambito dell´agribusiness sostenibile).
Tuttavia le imprese non devono limitarsi a generare impiego, devono coinvolgersi nel processo di formazione dei giovani, per un percorso educativo che impartisca una maggiore consapevolezza della dignità umana.
Senza lavoro non c’è sviluppo. Ma l’impegno per creare valore condiviso tra impresa e società deve rimanere della persona. Coinvolta direttamente nelle iniziative di sviluppo socio economico diventa protagonista e può garantire la sostenibilità.
Nei contesti emergenti o in via di sviluppo il coinvolgimento della “base della piramide”, ossia della popolazione povera e vulnerabile, è un elemento cruciale in quanto parte sempre più rilevante nella società. Ecco perché l’elemento educativo deve però essere centrale in queste iniziative: persone raggiunte da una proposta educativa e formativa saranno autonome e capaci di implicarsi nei processi di sviluppo, diventeranno consumatori e lavoratori competenti portando così beneficio a tutta la comunità e alle imprese che operano sul territorio.
Ciò non vuol dire confondere i ruoli degli attori in gioco, ma piuttosto accrescere la consapevolezza che ‘profit’ non vuol dire necessariamente "cattivo". La complessità delle sfide dello sviluppo sostenibile e degli aiuti umanitari nel mondo richiede il coinvolgimento di tutti gli attori interessati, possibilmente inseriti all’interno di piattaforme di dialogo multilaterali e strutturate.
L’esperienza sul campo di Fondazione AVSI dimostra come queste partnership siano una concreta possibilità di sviluppo della società e di creazione di valore condiviso. Esperienze di successo che AVSI presenterà il prossimo 15 luglio nel corso di un panel a margine del vertice europeo di Firenze (La città toscana ospiterà il vertice europeo sui temi della cooperazione e dello sviluppo, al quale parteciperanno i ministri dei 28 Stati membri dell’Unione europea, ndr.).
Un esempio concreto è la partnership tra AVSI e ENI in Congo Brazzaville, nata proprio affinché l’impresa potesse realizzare il suo business, e le comunità locali trarre vantaggio da uno sviluppo sostenibile nel tempo. Prima uno studio del contesto di riferimento che ha coinvolto 25mila abitanti di 24 villaggi, poi lo messa in pratica di un piano di sviluppo comunitario. Nella pratica, la collaborazione ha permesso la riabilitazione di una scuola, la formazione di insegnanti, e di comitati di genitori e comitati di villaggio.
Significativa anche l’esperienza con EDEGEL (gruppo Enel), che sta costruendo una centrale idroelettrica nella zona Chimay in Perù, e tramite AVSI non solo è riuscita a mitigare le ripercussioni negative sulla comunità locali ma anche ad accrescere il livello di reddito dei produttori di caffè.
In Brasile, invece, una partnership tra AVSI e la multinazionale del settore tecnologico, GE, ha permesso di portare avanti il lavoro del Centro Educativo Cantinho a Rio de Janeiro in Brasile. Mentre il coinvolgimento della fondazione di un colosso dell’informatica, ST Foundation, ha permesso l’installazione di aule informatiche in alcuni paesi in cui AVSI opera, in Sud Sudan, Brasile e Myanmar. Ci sono anche esempi che provengono dal settore dell’ambiente. AVSI e Cloros, azienda attiva nel settore, hanno organizzato un’intervento in Mozambico che prevede la distribuzione a 7.500 famiglie di Maputo di 15mila sistemi di cottura che utilizzano la metà del carbone a parità di cibo preparato.
Tutte queste esperienze ci insegnano che la presenza di un´impresa in un determinato territorio può essere un fattore di vero sviluppo, ma solo a patto che siano massimizzata gli impatti positivi e mitigati quelli negativi. E’ da questo principio che deriva la complementarietà con le organizzazioni non-profit, con il loro bagaglio di esperienza sul campo e la capacità di riconoscere e venire incontro ai bisogni dei più vulnerabili. Un approccio che si basa sulla consapevolezza che la promozione della dignità umana e il valore del “fare impresa” possano rappresentare il motore dello sviluppo socio-economico locale.
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