Welfare

Cosa fare se la fame cresce

Le esperienze europee si sono confrontate a Palermo

di Redazione

Lo scorso anno sono stati aiutati 4,5 milioni di poveri. Ma ora ci si confronta con il calo delle risorse. Per questo bisogna avere idee innovative e cercare nuove partnershipSe la crisi è globale, globale può essere anche la risposta o almeno una delle risposte. Si è tenuta a Palermo dal 4 al 6 giugno l’assise annuale della Feba – Fédération Europenne des Banques Alimentaires, che riunisce i banchi alimentari che in 17 Paesi d’Europa combattono la fame recuperando eccedenze alimentari. La Fédération Europenne des Banques Alimentaires è stata fondata nel 1986 proprio con l’obiettivo di mettere in comune l’esperienza dei banchi alimentari che in vari Paesi del continente cercavano di trovare soluzioni alle differenti problematiche legate alla fame. Attualmente in Europa esistono 231 banchi alimentari: tra i Paesi che ne contanto di più ci sono la Francia con 79, la Spagna con 52, la Polonia con 22, l’Italia con 19.
I banchi alimentari raccolgono cibo in eccedenza dalla produzione agricola, dalla distribuzione e dalle collette per poi donarlo agli enti caritativi dislocati sul territorio. In questo modo, nel 2008, la Feba ha raccolto 282.095 tonnellate di cibo, che sono state distribuite a 26.514 associazioni e che hanno sfamato 4.532.238 poveri in tutta Europa.
Un’attività che assume un valore ancora più importante in questo momento di crisi. «In un tempo così carico di prove per tutti, ma soprattutto per i poveri, l’incontro di Palermo è il segno della volontà di non lasciarli soli e del lavoro unitario che in tutta Europa i banchi alimentari stanno compiendo per donare il cibo necessario per vivere», spiega don Mauro Inzoli, presidente della Fondazione Banco Alimentare onlus. Proprio questo è stato il tema centrale del meeting. Perché se la fame aumenta «le risorse non stanno aumentando: bisogna sforzarsi di migliorare, avere nuove idee, e proprio gli incontri tra i banchi che operano in diversi Stati europei sono un tavolo di confronto prezioso», ha spiegato Jean Delmelle, presidente della Feba. «Per fare un esempio, la legge del Buon Samaritano (che permette di recuperare cibo fresco e cucinato da mense aziendali e scuole rendendo possibile il progetto Siticibo, ndr) promossa dal Banco Alimentare italiano può essere presa come spunto e replicata in altri Stati, creando un canale nuovo di raccolta».
Il punto di forza dei banchi alimentari è proprio il confronto reciproco e il lavoro comune che unisce il mondo dell’amministrazione pubblica, del profit, del non profit e coinvolge i cittadini come volontari, «un patrimonio inestimabile», spiega Delmelle. «Poter contare su persone che gratuitamente donano agli altri parte del loro tempo (6.782 su 7.421 persone impiegate sono volontari) significa avere a disposizione una grande ricchezza».
Aumentano le richieste ma le quantità raccolte sono in lieve calo. «Proprio nelle difficoltà solitamente tutti sono portati a pensare per sé, noi invece siamo la dimostrazione del contrario», spiega Marco Lucchini, direttore della Fondazione Banco Alimentare onlus. «Noi siamo la dimostrazione che pensare insieme e pensare per gli altri è possibile: la gente nei momenti di difficoltà è più sensibile, si rende conto di chi sta peggio ed è portata a condividere con loro anche quel poco che ha».

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