Mondo
Così ho messo le ali ai piedi delle ong
Da due anni guida a Bruxelles la Confederazione europea dei non governativi che si occupano di emergenza e sviluppo. Intervista a Frans Polman (di Niccolò d'Acquino).
di Redazione
Un teologo alla guida delle ong europee di emergenza e sviluppo. Forse Frans Polman è la persona giusta per cercare, con filosofica pazienza, di tenere sotto controllo il variegato mondo di queste organizzazioni. Olandese, professore, 58 anni, padre di tre figli («e nonno da tre mesi»), una formazione sul campo che inizia nel Camerun del Nord tra gli anni 60 e 70 («è lì che ho scoperto il mondo dei poveri e la loro straordinaria gioia di vivere»), Polman ha percorso tutta la ?carriera?. Nel 1977 è con Memisa, una ong olandese cattolica («quando me l?hanno affidata aveva un bilancio di 7 milioni degli attuali euro: quando l?ho lasciata, nel 2000, ne aveva 40»). Poi partecipa alla nascita di Cordaid, una delle reti di ong più grandi d?Europa: 150 milioni di euro di bilancio e un quartier generale con 250 dipendenti. Polman è oggi il primo presidente di Concord, la confederazione delle ong di emergenza e sviluppo nata nel gennaio 2003 dalle ceneri del Clong, che era il comitato di ?liaison? delle ong con i vari organismi comunitari. Una morte e una rinascita sofferte, perché conseguenza delle polemiche e delle non idilliache relazioni che il Clong aveva avuto negli ultimi tempi con la Commissione europea. La quale, alla fine, aveva chiuso il rubinetto dei finanziamenti. Vita ha incontrato Polman a Bruxelles nella sede di Concord.
Vita: Partiamo proprio dagli errori del Clong. Che cosa è andato storto?
Frans Polman: Per i primi 20 anni della sua vita, il Clong ha funzionato bene. Solo negli ultimi anni sono sorti dei problemi. Poi, nel gennaio 2003, finalmente è nata Concord, Confederation for co-operation on relief and development. Ma, dietro, c?è un auspicio più forte: la parola Concord esprime il desiderio e la speranza di concordia, di una fruttuosa alleanza tra le ong e la loro comune missione di solidarietà verso i Paesi in via di sviluppo. La nascita di questa nuova realtà è stata il frutto del lavoro di un ristrettissimo gruppo. Per l?Italia ricordo che c?era Mario Gay, che oggi si occupa del settore nell?ambito delle Regioni. La domanda che ci ponemmo fu: «Le ong hanno sempre bisogno di avere un contatto con le istituzioni europee? Serve un organismo che le rappresenti a Bruxelles, che resta un finanziatore decisivo dal momento che più della metà dei fondi internazionali destinati allo sviluppo e all?assistenza internazionale partono dall?Europa?». La risposta fu, evidentemente: «Sì».
Vita: Dopo due anni un bilancio potete iniziare a farlo. Quali sono gli errori del Clong che Concord non commette?
Polman: Per cominciare, dentro Concord, assieme alle piattaforme nazionali, 19 più altre 6 dai nuovi Paesi comunitari dell?Est, ci sono i network tematici. Per ora sono 18: dalla Caritas a Terre des Hommes, a Oxfam International, a World Vision. Complessivamente questi due diversi tipi di organizzazioni rappresentano già oltre 1.500 ong. E il numero è destinato a crescere.
Vita: Dal punto di vista organizzativo, ci sono altre differenze?
Polman: Eccome! Intanto la struttura centrale è piccolissima: appena 8 persone. Poi c?è la dipendenza dai finanziamenti comunitari. Ci siamo detti: «Mai più il 100%». L?obiettivo è il 49%. Per ora siamo al 65. Abbiamo anche adempiuto alla richiesta di non avere proprietà immobiliari, e oggi siamo in affitto. Queste però non sono priorità. Ben più significativo è il fatto che abbiamo optato per le priorità limitate. Non vogliamo perderci dietro obiettivi troppo generali e generalisti, ma concentrarci su quelli concreti. Ma la novità più importante è quella che in inglese si chiama ?ownership?.
Vita: Cioè?
Polman: Tutte le ong che fanno capo alla confederazione sono ?proprietarie? di Concord. Sono loro, e non la struttura centrale, che si confrontano con le istituzioni europee.
Vita: A Concord aderiscono organizzazioni religiose e laiche, espressioni di visioni politiche e sociali differenti. Come si tengono unite anime così diverse?
Polman: Ricordando sempre che ci riconosciamo nella stessa missione: lottare contro la povertà e le ingiustizie. Unendo le nostre capacità siamo in grado di fare, come si dice, lobby. è anche per questo, per esempio, che aspettiamo con piacere l?ingresso di ong dai Paesi dell?Est, perché hanno un approccio diverso dal nostro: si concentrano sugli aiuti all?interno del proprio Paese e hanno una base ancora quasi tutta volontaristica.
Vita: Quindi siete davvero una lobby?
Polman: Non è una brutta parola. È necessario tenere sotto pressione i ?decision makers? che, a livello europeo, stabiliscono progetti e finanziamenti umanitari. Le istituzioni europee sanno che per la realizzazione dei progetti hanno bisogno di noi. E noi puntiamo non solo a mettere in piedi progetti per il Sud del mondo ma, soprattutto, a cambiare il mondo.
Vita: A proposito di ong del Sud, sembra che il trend sia privilegiare le organizzazioni di solidarietà locali. ActionAid sta trasferendo la propria sede in Sud Africa. Che cosa ne pensate voi ong del Nord?
Polman: A noi va bene. Purché la cosa funzioni. Mi spiego: se le ong in generale sono organizzazioni piccole e poco strutturate, quelle del Sud lo sono ancora di più. Ma l?Unione europa, quando si tratta di burocrazia, non fa sconti a nessuno. Basta sbagliare una virgola per essere esclusi. Ecco perché molte delle nostre organizzazioni stanno diventando una sorta di ?ponte?, di ufficio di collegamento per facilitare la vita alle ong del Sud.
Vita: I vostri rapporti con il precedente commissario europeo allo sviluppo, il danese Poul Nielson, non erano buoni. Oggi c?è un nuovo commissario, l?ex ministro degli Esteri belga Louis Michel…
Polman: Ha le capacità politiche e le competenze per mettere le attività umanitarie in primo piano nell?agenda europea. È stato uno dei primi dirigenti europei a precipitarsi nel Sud-Est asiatico colpito dallo tsunami. Credo che sia l?uomo giusto. E noi lo vogliamo appoggiare.
Niccolò d’Acquino
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