Non profit
Così ho sconfitto i falsi miti del cesareo
Nel 2003 il 52,7% sceglieva il bisturi. Oggi oltre otto nascite su dieci sono naturali. Il segreto? Rigore culturale e massima condivisione delle scelte con i colleghi
di Redazione

Fino al 2003 la percentuale di tagli cesarei per il nostro ospedale era del 52,7, in linea con i numeri del Sud. Così, appena arrivato alla direzione del reparto di maternità del Presidio ospedaliero San Leonardo di Castellammare di Stabia, nel 2004, ho riunito i miei collaboratori e proposto loro un progetto che si fondava su un felice incontro tra medicina basata sull’evidenza e centralità della donna nel momento più importante della sua vita. Questo binomio tra rigore scientifico e attenzione alla centralità della donna ha prodotto effetti splendidi.
Il primo anno c’è stata subito una riduzione al 33%, ma avendo deciso di procedere per gradi, non avevo ancora messo mano al capitolo dei tagli cesarei pregressi. Con il 2005 abbiamo iniziato a far partorire le donne con un taglio cesareo pregresso e con il 2006 anche quelle con due. Così abbiamo sfatato anche questo falso mito per cui chi ha subìto un cesareo poi è obbligato a farlo per sempre. Tutte le società scientifiche internazionali sottolineano questo dato e raccomandano – con grado di raccomandazione A, il più alto possibile – il travaglio di prova.
Il primo anno è stato un anno di formazione in cui riunivo i miei collaboratori ogni dieci giorni. Argomento per argomento abbiamo seguito un percorso di aggiornamento scientifico importante, che poi ha avuto un’eco con la pubblicazione del libro Indicazioni al taglio cesareo. Tra falsi miti e nuove evidenze scientifiche. E c’è un falso mito molto diffuso nella nostra specialità. Ad esempio, è sbagliato dire, come affermano purtroppo molti colleghi, che esistono gravidanze “preziose” – quelle che vengono dalla fecondazione artificiale – e che devono obbligatoriamente avere un esito attraverso taglio cesareo. Non esiste un bambino più prezioso degli altri.
Alla base di tutto purtroppo c’è un problema culturale. Non ho avuto altre armi a mia disposizione per ottenere i risultati che ho ottenuto: ho preteso un rigore culturale al di sopra della media ai miei collaboratori, sempre accompagnato da uno spirito di condivisione, senza imposizioni. L’evidenza scientifica, c’è, non l’ho inventata io; il problema è che bisogna crederci.
Oggi la percentuale di ricorso al taglio cesareo al San Leonardo varia tra il 18 e il 16%. Anche perché questa nostra fama ha fatto incrementare il numero delle donne che vengono da altre regioni e vengono apposta da noi per partorire naturalmente. Le donne motivate fanno anche qualche chilometro in più pur di provare la felicità di un parto spontaneo. Dato però che abbiamo anche tanti casi di tagli pregressi e adottiamo una selezione molto rigorosa, questo rappresenta un fattore di incremento dei cesarei, che però non ci ha mai portato lontani dal risultato raggiunto.
Personalmente non mi sottraggo mai dall’andare in tutta Italia. Spargo il seme ovunque, e naturalmente mi auguro che altri seguano le mie idee. Però se devo dire qual è la situazione attuale, purtroppo il trend è diverso. Tutti hanno compreso che bisognerebbe invertire la rotta, ma bisogna ora vedere chi materialmente lo farà. Linee-guida ce ne sono tante, io ho fatto le mie in reparto, le abbiamo personalizzate, ovviamente, ma poi ci sono quelle del ministero, dell’Istituto superiore della sanità, delle Regioni. Il problema è che se non sono seguite, condivise e non ci si crede davvero, rimangono un pezzo di carta e la situazione, purtroppo, non cambia. Il guaio è quando si mette la propria esperienza “al posto” dell’evidenza scientifica. L’esperienza personale è quel valore aggiunto che sommato alle evidenze scientifiche fa di quel ginecologo un ginecologo di categoria A lusso. Se invece io sostituisco le evidenze scientifiche con la mia esperienza personale, allora non ci siamo più.
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