Non profit

Così il gasdotto ha rovinato la pasionaria Yulia

Cosa c'è dietro la condanna della Tymoshenko

di Redazione

Quasi non si contano più le guerre del gas che da qualche anno, puntuali a ogni inizio di inverno e a ogni revisione di contratto, mettono uno di fronte all’altro i leader politici di Russia e Ucraina. Il vecchio gasdotto che dai giacimenti russi passa per Kiev ha creato negli anni passati più di qualche preoccupazione alle notti freddolose dei cittadini europei. Ora, con l’inaugurazione della pipeline che scorre sotto il Baltico, gli screzi fra le ex repubbliche dell’Unione Sovietica appassionano di meno e il problema è tutto degli ucraini.
Sul tappeto il contratto firmato nel 2009 da Vladimir Putin e l’allora premier ucraino Yulia Tymoshenko. Secondo quelle clausole, l’Ucraina potrebbe pagare, dal prossimo anno, le forniture provenienti da Mosca 400 dollari per mille metri cubi di gas. Tariffa di mercato, non tanto diversa da quella che pagano molti Paesi occidentali. Due anni fa, sembrava un compromesso buono per tutti. La Tymoshenko è stata condannata, con l’accusa di abuso di potere per aver gestito in maniera troppo personale quelle trattative, siglando un contratto svantaggioso per il proprio Paese.
Una guerra interna al sistema di potere ucraino, un teatrino delle parti in cui giudici poco indipendenti, ex eroine della rivoluzione arancione e nuovi potenti della politica giocano una personale resa dei conti alle spalle dei cittadini. Il nuovo capo del governo, Victor Yanukovic, rieletto a furor di popolo con l’etichetta di filorusso, vorrebbe strappare un prezzo più conveniente, intorno ai 250 dollari. Due settimane fa è andato a Mosca per cercare di sbloccare la trattativa, ma è uscito dal Cremlino a mani vuote.
I russi pongono due condizioni: o accettare di entrare nell’unione doganale euroasiatica assieme a Bielorussia e Kazakhstan o fare come Lukashenko: cedere in parte o tutto il sistema dei gasdotti oppure creare una joint venture tra la compagnia ucraina Naftogaz e Gazprom. Per Yanukovic, beneficiario politico della condanna della rivale, sarebbe difficile spiegare ai suoi elettori che anche lui è stato costretto a piegare la testa. Yanukovich ha bisogno del gas russo e dell’Europa, soprattutto in una fase difficile per l’economia ucraina e per i bilanci pubblici. E si è infilato da solo in un cul-de-sac dal quale è difficile uscire. «L’Ucraina è vittima di se stessa, o meglio dei suoi politici», dice Behrooz Abdolvan, docente di Politica energetica alla Freie Universität di Berlino, «che hanno giocato male la carta di essere un Paese di transito del gas verso l’Europa. Invece di puntare a liberalizzare e modernizzare le infrastrutture, ne hanno mantenuto il controllo cercando di ricavarne degli interessi personali. E ora che Nord Stream gli ha tolto l’esclusiva, si abbandonano a richieste di tipo revanscista».

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