Strano destino che tutto finisca proprio dove tutto è cominciato. A Parigi, quando ancora si chiamava Compagnie Générale des Eaux, muove i primi passi quello che oggi è un colosso che fattura 36 miliardi, Veolia, presente anche in Italia. Nel 1860 ottiene il mandato, di durata cinquantennale, per la distribuzione dell’acqua nella capitale. Da lì è un’irresistibile ascesa, in tutto il mondo. Sino ai giorni nostri: nel 1985 Parigi ha suddiviso la città in due zone, la Rive droite a Veolia, la Rive gauche affidata a Suez. 25 anni di duopolio che ha visto un aumento delle tariffe del 200% (arrivate a 2,8 euro al metro cubo), a cui il sindaco socialista Bertrand Delanoë mette fine l’anno scorso. Dal 2010 l’acqua dei parigini torna interamente pubblica: la nuova impresa Acque di Parigi inizia a funzionare dal 1° gennaio. Gran parte dei 380 lavoratori di Suez e Veolia vengono trasferiti nella nuova impresa municipale. Alla base della decisioni ragioni ideali, ma anche molto pratiche: «Eravamo insoddisfatti del servizio», spiega Anne le Strat, consigliera comunale incaricata della gestione idrica nel municipio, «non c’era controllo da parte della collettività municipale né trasparenza finanziaria. C’era un’organizzazione piuttosto opaca, di cui approfittava il settore privato, che aveva un margine economico considerevole sui contratti». Una migliore organizzazione, un operatore unico che mette fine alla frammentazione, alle sovrapposizioni che gonfiavano i costi finali. Il Comune, tornando a governare l’acqua, risparmia. E può impegnarsi, come ha già fatto, a stabilizzare le tariffe. Facendo risparmiare anche i parigini.
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