Welfare
Costruiamo la nuova Italia
Randa Ghazy incontra Paula Baudet Vivanco, attivista della Rete G2
di Redazione
«Un Paese che creda nella parità ed uguaglianza tra i membri della società. Che sappia dare un’immagine
non deformata della realtà degli immigrati e dei loro figli.
Questo è l’obiettivo per cui
mi batto da anni. E che spetta
anche a noi della seconda generazione far diventare realtà»di Randa Ghazy
Innanzitutto è una donna. E per come la vedo io ciò ne fa, già di per sé, motivo di interesse e automatica ammirazione. Essere donna è difficile, esistenzialmente, per il migliaio di ruoli che ne conseguono, al di là delle possibili complicazioni identitarie. E questo è il primo motivo, apparentemente futile, per cui scelgo Paula.
Poi, seguono un sacco di altri motivi. Paula Baudet Vivanco è caporedattrice della prima agenzia on line in Italia che si avvale di giornalisti stranieri per informare sulla realtà dell’immigrazione. Scrive per Metropoli, il giornale dell’Italia multietnica. Coordina il portale informativo della direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo, del ministero Affari Esteri. Ha vinto, tre anni fa, il Premio Multietnicità, categoria «Giornalismo e media». Insomma, di certo non se ne sta con le mani in mano. La conobbi anni fa quando iniziai a sentire parlare per la prima volta della rete G2. Cilena, energica, con una straordinaria capacità di trasformare la sua rabbia in passione e la sua passione in convinzione. Cosicché la ascolti e ti rendi conto che tutto ciò che dice è senza dubbio ragionevolissimo e legittimo in modo quasi insostenibile.
Dal 1983 in Italia, praticamente italiana, burocraticamente no. Ha ricevuto il rifiuto della cittadinanza italiana da parte dello Stato, e l’ha ottenuta solo a 31 anni, dopo una seconda richiesta. È stata tra i primi fondatori, due anni fa, della straordinaria rete G2, creatasi a Roma per caso e pian piano cresciuta fino ad includere centinaia di seconde generazioni in tutta Italia, originari di Filippine, Etiopia, Perù, Cina, Brasile, Marocco, India, Bangladesh, Iran, Senegal, Albania. E lei, lì ad organizzare incontri e collaborazioni con Associna, i Giovani musulmani italiani, e chiunque condividesse la rabbia e la voglia di fare qualcosa per il diritto alla cittadinanza e alla dignità che ogni cittadino in Italia, come dovunque, si meriterebbe. Oggi è consulente della Rete G2 per le strategie di comunicazione.
Yalla: Descrivici brevemente il tuo percorso di vita..
Paula Baudet Vivanco: Sono nata a Santiago del Cile e sono giunta in Italia all’età di 7 anni (durante gli anni 80) per ricongiungermi a mia madre. Quindi ho frequentato quasi tutte le scuole in Italia. Da maggiorenne ho incontrato molte difficoltà a mantenere il permesso di soggiorno e mi sembrava anche assurdo dover dipendere ancora da adulta da un pezzo di carta che non mi assicurava gli stessi diritti (oltre che doveri) dei coetanei, figli di italiani, con i quali ero cresciuta. Quindi ho cominciato a cercare altri ragazzi come me per confrontarmi con l’idea di creare un gruppo stabile di figli di immigrati che si muovesse fuori dai soliti ambiti organizzativi (partiti, associazioni dei genitori, sindacati, associazioni già esistenti) anche perché mi sembrava che le cose negli anni fossero peggiorate e che quindi ci fosse bisogno di contenuti e forme nuove per evitare il continuo declino.
Yalla: Ti spaventa l’Italia di oggi o credi che il razzismo non sia così radicato e che siano solo le istituzioni a doversi mettere al passo coi tempi?
Vivanco: Credo che l’Italia di oggi non ci debba far paura anche nella consapevolezza che la società ormai sta evidentemente cambiando, che chi ha origini straniere rappresenta una percentuale sempre in crescita e che sta a tutti noi farne un Paese migliore. Che innanzitutto eviti le trappole della guerra tra poveri e gli slogan facili che in genere non superano la prova della realtà e del tempo. Un Paese che creda nella parità ed uguaglianza tra i membri della società perché si punti a stare tutti meglio e non a scapito di alcuni. Credo che da combattere sia anche l’ignoranza e la dipendenza di gran parte della popolazione dall’immagine che i grandi media bombardano e che restituisce un’idea molto deformata della realtà di immigrati e figli, come se in maggioranza fossimo degli sciacalli esclusivamente a caccia di come rovinare il prossimo.
Yalla: Credi che i G2 dovrebbero entrare in politica anche in Italia o tenersene lontani per evitare di svendere la causa?
Vivanco: Credo che la politica sia uno strumento che può essere usato bene o male a seconda di chi lo utilizza. La rete G2, che non è sinonimo di seconde generazioni ma è la sigla di un’organizzazione con un obiettivo specifico, pur essendo apartitica è già in politica, certa che sia lo strumento principe per arrivare ad una modifica della legge sulla cittadinanza ma anche consapevole che la politica dei partiti finora non ha dato segnali positivi concreti verso gli “italiani col permesso di soggiorno”.
Yalla: Sai indicarmi un personaggio che ammiri e che è per te un riferimento?
Vivanco: Due sono le persone che per me rappresentano un riferimento importante. La prima è mia madre, coraggiosa, nonostante il duro percorso migratorio e la fragilità di una persona molto sensibile che non nega i suoi sentimenti. Altro riferimento importante per me è stata una G2, uno dei pilastri della rete G2: Samira Mangoud, che nonostante le difficoltà di salute e i mille ostacoli che aveva incontrato – era nata nella capitale ma non le era stata riconosciuta la cittadinanza italiana e per questo era stata in particolare discriminata sul lavoro, dal Comune di Roma – si era comportata come un leone, combattendo una battaglia dietro l’altra senza arrendersi e allo stesso tempo mantenendo una voglia di vivere e un sorriso fuori dal comune, da vera tosta romana. Ora che non posso più vederla e parlarle – è morta qualche mese fa all’età di 29 anni appena compiuti, straniera nella propria città – la mia grande pena resta non averle mai detto direttamente e di persona quanto la stimavo e le volevo bene.
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