Famiglia

Costruire il dialogo, con la coscienza del limite

Un profilo del sacerdote ucciso

di Redazione

Quella pubblicata in questa pagina è la trascrizione di una testimonianza di don Andrea Santoro raccolta da una troupe di Sat2000 nel corso di un viaggio nella terra che il sacerdote aveva scelto come sua nuova casa. Mentre pronunciava a ruota libera i pensieri che ora leggiamo, Andrea rivolgeva lo sguardo alle cime del monte Ararat, osservava lo scorrere lento del fiume Murat che unisce la Turchia, l?Iran e l?Armenia. Chi era don Santoro? Sacerdote ?fidei donum? della diocesi di Roma, era nato a Priverno, in provincia di Latina, il 7 settembre 1945. Era curatore del progetto interculturale Finestra per il Medio Oriente che si propone, tra l?altro, di favorire «un dialogo rispettoso tra il patrimonio cristiano e il patrimonio musulmano». Negli anni 90 era stato parroco della chiesa Gesù di Nazareth di Pietralata, alla periferia sud di Roma. «La diversità», scrisse nel 2002, «se vissuta nel rispetto è vita, altrimenti genera estraneità, isolamento, insofferenza o odio». Lo scorso anno, aveva inviato una riflessione per il giornale delle Acli Aesse.

In quell?articolo, originato dalla tragedia dello tsunami, dava una sintesi della sua esperienza: «La risposta è: dietro ad ogni tragedia c?è una tragedia più profonda che coinvolge l?universo intero. Una tragedia le cui radici sono nascoste e antiche ma i cui frutti amari sono di ogni tempo e ben visibili. Questa tragedia si chiama peccato e la si può paragonare, per capirla, a un?infezione nascosta che dà come sintomi convulsioni e attacchi di febbre altissima che stremano l?organismo e lo portano ogni volta sull?orlo del collasso e della morte. Il mondo, dice la Bibbia, è in preda al dolore e alla morte perché è in preda al peccato, non il mio o il tuo ma quello ?nostro?, quello che passa di padre in figlio a partire dal primo ?no? orgoglioso che si è annidato in noi come una malattia».

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