Non profit

Croce Rossa spa, fine della corsa

Quello siciliano era l'unico Comitato italiano a controllare una società per azioni, la Sise. Ora il ministero delle Finanze ha acceso i riflettori, e VITA vi racconta cosa ha visto

di Redazione

Croce Rossa spa, fine della corsa? Fra assunzioni sospette e acquisti fuori mercato, intorno alla gestione della Sise – Siciliana servizi di emergenza si respira aria di tempesta. A far vacillare la prima e (finora) unica società per azioni posseduta da un comitato di Croce Rossa è arrivata la spallata degli ispettori del ministero delle Finanze. Che, con Mario Guida in qualità di responsabile del dossier, si sono spinti fino al punto di invitare la sede centrale a ricondurre la gestione amministrativa della Sise e del comitato regionale siciliano «nell’alveo del rispetto della normativa che disciplina le pubbliche amministrazioni». Un colpo durissimo per Guglielmo Stagno d’Alcontres, doppio presidente di Sise e Cri Sicilia. Ma vediamo i capi d’accusa.

Numeri da capogiro
Dal 1998 ad oggi la Sise, in base alle convezioni stipulate con la Cri siciliana maggiore azionista con il 99% delle azioni, ha assunto 3.360 persone per la gestione del servizio di prima emergenza «senza l’esperimento di alcuna procedura selettiva». La maggioranza delle assunzioni, 2.420, sono state stipulate proprio alla vigilia delle scorse elezioni regionali. Numeri da capogiro. Per avere un termine di paragone, nel resto del territorio nazionale «il personale a contratto a tempo determinato utilizzato per i servizi di trasporto infermi ammonta mediamente a circa 1.650 unità», notano gli ispettori. A ben guardare nella gestione dei servizi di prima emergenza il comitato regionale appare come una scatola vuota. In base all’ultima convenzione, che risale al 7 dicembre 2005 (all’epoca la Cri era ancora retta dal commissario straordinario Maurizio Scelli), «le somme provenienti dalla Regione vengono integralmente trasferite alla Sise fatta eccezione per una quota irrilevante a favore del comitato regionale». In soldoni, una partita da 76.345.993 euro per l’utilizzo di 221 ambulanze su cui lavorano 2.663 persone. Ma non solo. In questi anni il nodo Cri-Sise è stato talmente stretto da soffocare, al contrario di quanto avviene nel resto del territorio nazionale, altri due network storici del pronto soccorso nazionale, Misericordie e Anpas.

«Da noi, il rimborso che la Regione prevede per ogni postazione del 118 è di gran lunga più ricco che altrove, 280mila euro l’anno, contro una media di circa 160/168mila», interviene Armando Paparo, consigliere nazionale delle Misericordie e governatore della stessa associazione a Bronte, in provincia di Catania. «Collaborare con loro però significava gettare alle ortiche la nostra reputazione: in questi anni nel circuito Sise sono entrare troppe realtà di discutibile provenienza». Una posizione condivisa con Emilio Pomo, presidente regionale delle Pubbliche assistenze: «La Sise è la morte del volontariato». Il contrario di quanto previsto per legge. Gli stessi ispettori ricordano come «la Croce Rossa dovrebbe prioritariamente assicurare la gestione dei servizi di pronto soccorso con il personale volontario e solo quando lo stesso non è sufficiente ricorrere ad assunzioni esterne, utilizzando procedure selettive pubbliche o attraverso il reclutamento tramite ufficio di collocamento». Un buon amministratore non avrebbe quindi rinunciato a cuor leggero all’apporto dei circa 10mila volontari di Anpas e Misericordie. «Noi invece ci siamo concentrati sugli interventi di seconda emergenza e sulla protezione civile», si rammarica Pomo.

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