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Da copti a Sufi, passando per ricchezza Le parole chiave per capire l’impasse

Religione, economia, potere: l'intricata matassa egiziana spiegata da due esperti

di Redazione

Fattore copti
Agli studenti copti capita spesso di non poter diventare assistenti universitari, e se qualcuno ci riesce difficilmente passa i test successivi e finisce per allontanarsi dall’università. È una patente ingiustizia, contraria a ogni principio religioso e morale, ma accade ogni giorno da anni: lo sanno tutti i professori e gli studenti d’Egitto! Né la cosa si limita alle facoltà di medicina o alle università, ma in tutti i posti pubblici: dirigenze accademiche, alti gradi militari, posti di responsabilità? tutte professioni interdette ai copti. La discriminazione nei loro confronti è reale, anche se molti egiziani la negano. Il regime egiziano opprime tutti e non soltanto i copti. Anche i musulmani egiziani non fanno carriera se non sono membri del Partito dominante o se non collaborano coi servizi di sicurezza. Pure in università non ce la fanno se non sono parenti di qualche professore o non appartengono alla upper class. Questo è vero, ma, come dice Ala Al-Aswany, «se i musulmani egiziani sono oppressi, i copti lo sono due volte: prima come egiziani, poi in quanto copti».

Fattore sufi
La notizia che i mistici musulmani (sufi) abbiano deciso di scendere in campo nelle prossime elezioni egiziane è stata trascurata dai nostri media. La loro partecipazione politica sino alla caduta di Mubarak è stata debole se non assente. Hanno tenuto una posizione politicamente quietista, vivendo all’ombra della dittatura, interessati quasi esclusivamente del proprio universo spirituale. Ora scendono in campo con un proprio partito, Hizb al-tahrir al-sufi (partito sufi di liberazione).

Ricchezza senza sviluppo
Il 40% della ricchezza del paese è controllata dal 5% della popolazione. Le 10 più grandi società quotate alla borsa del Cairo rappresentano il 45% della capitalizzazione totale del mercato azionario e sono controllate da 20 famiglie.
Contraddizioni dell’esercito
L’uso della violenza da parte dell’esercito, come è avvenuto in più occasioni durante tutto questo periodo, è un sintomo di debolezza. Le forze dell’ordine sparano ai manifestanti ad altezza uomo durante le manifestazioni di piazza, ma non riescono a far rispettare le regoli basilari della convivenza civile come rispettare il rosso ai semafori, fare le code agli sportelli, mettersi le cinture. La polizia, invece di far rispettare le regole, accetta ben volentieri mazzette e mance.

Social network sopravvalutati?
Twitter e Facebook hanno creato massa critica, ma non sono riusciti ad istituzionalizzare una gerarchia. Godono di visibilità ma non hanno ottenuto alcun potere. La mancanza di una struttura gerarchica efficiente e di un imprinting culturale-politico in cui si rispecchiano tutte le anime del movimento del 25 gennaio, renderà molto complessa la costruzione di una leadership che sia portavoce ed esecutrice delle aspirazione dei follower.

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