Vivisezione

Dai roditori alle spigole alle scimmie, la sperimentazione chiede 400mila vittime

In Gazzetta Ufficiale i numeri, ancora elevati, degli animali utilizzati nei laboratori nel 2023. Oltre 2mila quelli usati nella formazione. I cani sono stati 450, nonostante sia praticamente vietato dal 2014. Per Valeria Albanese di Lav, inoltre, si tratta di una pratica: «scientificamente obsoleta, inaffidabile e pericolosa per gli esseri umani»

di Antonietta Nembri

Ancora quasi 400mila gli animali utilizzati nel 2023 per la sperimentazione, una leggera diminuzione rispetto al 2022. È questo quanto dicono i numeri. Eppure le leggi nazionali e il contesto europeo chiedono di andare oltre questa riduzione e di ricorrere all’uso degli animali solo se non è possibile utilizzare altro metodo, dando quindi totale priorità a modelli sostitutivi che non prevedono esseri viventi, con il cristallino traguardo di una ricerca scientifica senza uso di animali. 

I dati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale del 15 luglio (da pagina 32 a 41 con tutte le tabelle), sono stati raccolti secondo le modalità previste dalla Direttiva 2010/63/UE dal ministero della Salute, recepita in Italia con il Decreto Legislativo n.26/2014, precisano gli attivisti della Lega anti vivisezione.   

I numeri 

Roditori per un totale di 306mila individui, tacchini per un numero pari a 402, dato aumentato esponenzialmente, 747 le spigole. È stato introdotto tra gli animali utilizzati il gerbillo della Mongolia, un’atroce novità, sottoposti a sperimentazioni invasive 50 individui.   

La tabella che riporta la gravità delle procedure, quindi il dolore a cui sono sottoposti da vivi, disegna un quadro allarmante che non è cambiato minimamente dall’anno precedente. Nell’ultima tabella pubblicata, infatti, si legge che sono stati oltre 100mila animali sono stati coinvolti in esperimenti classificati come gravi. Cioè sottoposti a fratture ossee senza anestesia, indotti a sviluppare patologie gravi e sottoposti ad amputazioni o danni sensoriali irreversibili.   

E ci sono anche i cani

450 il numero dei cani utilizzati, ancora altissimo, nonostante il Decreto Legislativo n.26 del 2014 ne vieti l’utilizzo, salvo casi eccezionali. Sono stati sottoposti a procedure invasive e causa di gravi sofferenze, all’interno di laboratori che ricordiamo, sono sempre nascosti – almeno un piano sottoterra – impedendo a questi animali anche solo di poter vedere la luce del sole.  

Calano i primati

I primati non umani utilizzati sono stati 133, con una riduzione rispetto all’anno precedente del 50%, ma è un numero ancora inaccettabile e che dovrebbe azzerarsi. Infatti, oltre a rappresentare un modello scientificamente fallimentare, questi animali affrontano viaggi transoceanici dal Paese di origine (Asia, Isole Mauritius) sostenendo pratiche di cattura illegali e un business economico milionario che alimenta rischi per la salute umana vista la capacità di questi animali di poter trasmettere moltissime zoonosi anche mortali per l’uomo (herpes virus B, tubercolosi). 

La riduzione del numero di primati segue il trend internazionale che vede sempre più Paesi impegnati in posizioni scientifiche ed etiche contrarie all’uso di queste specie a fini sperimentali. Basti pensare che il Governo olandese ha di recente approvato un emendamento che, fin da subito, vincolerà sempre più fondi per ricerche innovative senza animali con l’obiettivo di azzerare, entro il 2030, il finanziamento alla sperimentazione con primati non umani.   

Animali usati nella formazione

«Inaccettabile come ancora 2.303 animali (800 in più rispetto al 2022) siano ancora utilizzati per l’istruzione e la formazione, un numero addirittura in aumento nonostante nel nostro Paese ci sia il chiaro divieto di procedure didattiche su animali (che prevede deroghe solo per l’alta formazione universitaria), e sia vigente già dal 1993 la legge sull’obiezione di coscienza alla sperimentazione animale, legge che quasi mai è pubblicizzata, calpestando il diritto dello studente a progredire nello studio senza svolgere procedure su animali» dichiara Michela Kuan, biologa e responsabile scientifica per Lav.  

Il 65% degli animali utilizzati sono coinvolti in procedure per cui non vi è alcun obbligo di utilizzare il modello animale (a differenza dell’ambito regolatorio), ignorando completamente quanto previsto dalla Direttiva Europea e dal Decreto Legislativo nazionale di dare priorità ai metodi sostitutivi in quanto affidabili, rilevanti per l’uomo e internazionalmente riconosciuti come il futuro della ricerca innovativa. Una scelta politica che non può essere accettata. 

Un pratica obsoleta

«La sperimentazione animale è scientificamente obsoleta, inaffidabile e pericolosa per gli esseri umani a causa delle differenze di specie fisiologiche, metaboliche e genetiche. Basti pensare come la penicillina sia tossica per le cavie, il paracetamolo velenoso per i gatti e l’aspirina pericolosa per alcune specie animali» spiega Valeria Albanese responsabile per l’area ricerca senza animali che aggiunge «Questa insormontabile differenza si riflette nei risultati sperimentali fuorvianti e negli elevati tassi di fallimento dei farmaci: dal 90% al 95% dei farmaci dichiarati come sicuri ed efficaci nei test sugli animali falliscono negli studi sull’uomo». 

In una nota Lav sottolinea inoltre che chi giustifica il modello animale lo fa adducendo scuse come “la vivisezione non esiste più e che si usano gli animali solo per rispondere a obblighi di legge o per proteggere la specie”, ovvero posizioni che vogliono far passare la sperimentazione animale come un male necessario e accettabile, ma che si discostano fortemente dalla realtà.  

La Commissione Europea ha recentemente citato i metodi senza animali come prioritari per rendere l’Europa leader globale nell’innovazione scientifica, «ci auguriamo che il Governo italiano si adatti al trend, finanziando nuovamente questi metodi con fondi costanti e consistenti», concludono alla Lav.  

In apertura photo by Mohammad Mardani on Unsplash

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