Welfare
Dalla cella alla comunità porte sempre più chiuse
Gli effetti collaterali della Fini-Giovanardi
di Redazione
Da 12.096 nel 2005 a 1.078 nel 2008: le richieste di accesso
ai programmi terapeutici sono crollate in maniera vertiginosa. «Ma non è solo responsabilità della legga», spiega Grazia Zuffa, «anche i magistrati hanno le loro colpe» Potrebbe anche essere rubricato fra gli effetti collaterali, ma alla fine poco cambia. I numeri sono lì a dimostrarlo. Fra il 2006, quando la Fini-Giovanardi è entrata in vigore e il 2008, l’ultimo hanno preso in esame, le richieste di accesso ai programmi terapeutici di detenuti tossicodipendenti sono crollate da 6.713 a 1.078: pari a una riduzione dell’84%.
A certificarlo è stata una recentissima indagine («Impatto penale e sanzionatorio della legge antidroga»), ripresa anche nel Libro Bianco realizzato dalle associazioni Antigone e Forum droghe, curata da Grazia Zuffa, psicologa e psicoterapeuta nonché direttrice di Fuoriluogo. A prima vista la picchiata, che prendendo in considerazione gli anni 2005 (12.096 richieste di programma terapeutico) e 2004 (9.265) è ancora più vertiginosa, si potrebbe semplicemente spiegare con l’approvazione dell’indulto avvenuta proprio nell’estate 2006. «Quel provvedimento», interviene la Zuffa, «spiega però solo in piccola parte il fenomeno». Perché la flessione è proseguita anche fra il 2007 e il 2008, «periodo in cui le carceri sono tornate a riempirsi di tossicodipendenti» (30.528 su 92.800 ingressi solo considerando l’anno passato).
Dove si cela dunque la chiave del “mistero”? Per la Zuffa si tratta di un evidente concorso di colpa. E all’indice, per una volta dalla stessa parte della barricata, ci sono governo e magistratura. «In prima battuta occorre rilevare che in questo clima di emergenza securitaria è cresciuto il ricorso alla custodia cautelare anche per reati di piccolo cabotaggio, andando quindi ad impattare su quell’area grigia in cui si fatica a distinguere fra piccolo spaccio e detenzione per uso personale», sostiene la Zuffa. Risultato? Dietro le sbarre la percentuale di persone con problemi di droga è in aumento. Nel 2006 erano il 28%, due anni dopo sono salite al 31%. Ma non solo. E qui veniamo al secondo aspetto: oggi, a fronte di circa 15mila tossicodipendenti detenuti, sono 1.200 quelli in affidamento terapeutico, meno di un terzo rispetto all’inizio del 2006. Il perché lo spiega ancora la coordinatrice della ricerca: «La Fini-Giovanardi in questo senso ha grandi responsabilità, avendo di fatto fortemente aumentato il peso dei giudici nella formulazione dei programmi terapeutici». In altre parole, mentre prima al magistrato spettava solo il compito di dare, o meno, il via libera alla concessione della misura alternativa, oggi entra anche nello specifico del programma riabilitativo. «Solo che ci entra senza competenze specifiche e con obiettivi differenti rispetto a quelli di un operatore», nota la Zuffa. Che aggiunge: «Per i giudici i due parametri che contano di più sono l’efficacia della custodia e, soprattutto, l’astinenza dal consumo». Le ricadute però sono relativamente frequenti (nei Sert come nelle comunità). Con il duplice risultato di riportare i tossici in cella e di inibire «gli stessi operatori che, a queste condizioni, sono sempre meno propensi a prendersi in carico carcerati tossicodipendenti».
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