Non profit

Dalla Milano da bere alla Milano da mangiare

di Redazione

Sul Giornale di qualche settimana fa si è aperta una discussione sull’utilità o meno del bon ton e dopo la provocazione di Massimo Piombo che ha proposto di archiviarlo, Barbara Ronchi della Rocca, che delle buone maniere è maestra, ha detto: «Se ci riferiamo a quel manuale che suggeriva i comportamenti per chi voleva apparire, ammazziamolo pure». Ma un conto è il bon ton, termine che pare sia stato codificato da Lina Sotis nella “Milano da bere” degli anni 80, un conto è la buona educazione.
Be’, nella Milano che si appresta ad ospitare l’Expo del 2015, di questa materia c’è sempre più carenza. Si comincia con il tassista che sbuffa se gli chiedi di portarti in un luogo vicinissimo (ma magari hai male a una gamba e non puoi fare altrimenti), e si prosegue col barista che nemmeno saluta (figuriamoci il sorriso). Lo scrittore Luca Doninelli, che ha scritto anche un libro su Milano, è affranto dal servizio di certi bar che servono il prosciutto crudo scaldato con il panino, come se niente fosse. Se glielo fai notare magari si offendono, così come quando rifiuti l’acqua minerale con ghiaccio e limone e che non avevi chiesto.
Però qualche nota positiva va detta. Da Princi, somma panetteria con vari punti nel centro della città, il prosciutto crudo deborda da una focaccia invitante e ti concilia. Mentre una cucina che ci ha veramente stupito per sorriso, accoglienza e linearità è al Sempione 42, che funge da nome e indirizzo. È una scommessa di giovani che solo ora raccolgono i frutti di un locale che a mezzogiorno ha proposte di qualità per tutti. Noi siamo rimasti colpiti dall’uovo di Parisi caramellato con crema di carciofi, dagli spaghetti alla chitarra con trippa di baccalà e dalla coppa di maialino alla birra e senape. E dire che prima di andare in quell’oasi, avevamo scoperto un’altra chicca: le Terme in città. Sono dentro le mura di Porta Romana, col comodo posteggio in piazza Medaglie d’Oro.

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