Da un lato un direttore che si rivolge a tutti, dall’altro un comitato di redazione che tutela i propri colleghi. Succede al Corriere della Sera e ci riguarda, in qualche modo perfino “mi” riguarda. Primo, perché il Corriere è il giornale più importante in Italia, e il più noto all’estero. Secondo, perché le questioni poste da Ferruccio De Bortoli nella sua lettera aperta – che ha provocato due giorni di sciopero – in un momento molto caldo della vita politica e sociale del Paese, vanno dritte al cuore del nostro mestiere e del nostro rapporto con i lettori. Succede adesso che il web gioca dei brutti scherzi anche alle trattative sindacali. Perché è possibile cliccare sul “mi piace”. E allora accade che per De Bortoli ci siano ben quattromila lettori che approvano, mentre per il cdr ci si ferma a poche centinaia. Ho il massimo rispetto delle trattative sindacali, sono stato anche io membro di un cdr. Ma non posso non condividere ciò che dice De Bortoli: «Non è più accettabile che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento, a parità di mansione. Prima vengono le esigenze del giornale poi le pur legittime aspirazioni dei giornalisti. Non è più accettabile che i colleghi delle testate locali non possano scrivere per l’edizione nazionale, mentre lo possono tranquillamente fare professionisti con contratti magari per giornali concorrenti (?). Non è più accettabile, anzi è preoccupante, il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi. Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa di una professione che ogni giorno fa le pulci, e giustamente, alle inefficienze e alle inadeguatezze di tutto il resto del mondo dell’impresa e del lavoro». Appunto. Non è più accettabile. Ma la contiguità con la politica temo che abbia fatto imparare molto bene il metodo della “casta”.
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