Non profit

Delio Rossi, sai quel che dici?

L'allenatore della Lazio al termine del derby si lascai andare a un commento del tutto fuori posto. Ora dalla don Gnocchi lo invitano cortesemente a venire a vedere...

di Redazione

Domenica sera l’allenatore della Lazio Delio Rossi al termine del derby perso con la Roma si è lasciato andare ad un’affermazione offensiva nei confronti dei “mutilatini” della don Gnocchi. La Don Gnocchi gli ha rivolto oggi questa lettera cortese. Da parte nostra, pensiamo che frasi come queste meritino l’espulsione e la squalifica, almeno quanto un insulto a un arbitro. Se il calcio vuole recuperare un livello dignitoso di civiltà deve avere il coraggio di fare scelte così. (Giuseppe Frangi)

 

Nella foto: la squadra dei “mutilatini” della don Gnocchi

 

Egregio Delio Rossi,
    Beppe e i suoi compagni di squadra la capiscono:  una sconfitta nel derby – tanto più se di misura o comunque immeritata – è difficile da digerire. Anche loro, del resto, sanno benissimo che un conto sono le normali gare del torneo tra i Centri Socio-Educativi di Milano e cosa ben diversa è lo scontro diretto con i dirimpettai del Centro di formazione professionale. Si chiami “stracittadina” o in altro modo, la contesa attorno a un campanile suscita da sempre entusiasmi e tensioni, esplosioni di gioia irrefrenabile e polemiche a non finire. Sui campi di serie A e persino nelle strutture che si occupano di persone con disabilità. E Beppe e suoi amici, glielo assicuro, quando sentono aria di derby non si fanno mancare nulla: adrenalina alle stelle, impegno al massimo e – guardi un po’ – persino qualche colpo proibito…
    Poi tutto finisce lì: il sistema di punteggio è tale che non penalizza nessuno, nemmeno chi perde. Quale sia il risultato, affermare che alla fine vincono tutti da queste parti non è solo un modo di dire.
    Beppe è il portiere della squadra di calcio dei ragazzi del Centro “S. Maria Nascente” di Milano della Fondazione Don Gnocchi. Non ha braccia né gambe, eppure affronta ogni partita con le stesso entusiasmo e l’identica voglia di vincere dei suoi più affermati campioni. Ogni sua parata, ogni tiro respinto è un traguardo per noi inimmaginabile… E Beppe un po’ c’è rimasto male, quando ha letto sui giornali quella sua frase relativa alla sconfitta di domenica con la Roma: “Mica abbiamo perso con i mutilatini di don Gnocchi…”.
    Cinquant’anni fa lo straordinario impegno di don Carlo con le giovani vittime delle bombe e delle mine inesplose aveva commosso l’Italia intera. Centinaia e centinaia di piccoli mutilati si affidarono, fiduciosi, al loro amato “capitano”, che li raccolse per l’Italia, li curò nei propri Centri, li fece studiare e insegnò loro un lavoro, perché potessero tornare alle proprie case, formarsi una famiglia e vivere felici.

    È vero, quel detto – “i mutilatini di don Gnocchi” – finì per entrare nel gergo comune. Anche in ambito calcistico, visto che quell’esile prete milanese – che presto potrebbe essere proclamato Beato – non solo faceva giocare a calcio coloro che si reggevano sulla stampelle, ma trovò il modo persino di coinvolgere i ragazzi ciechi, facendoli correre dietro un pallone al quale aveva attaccato un rumoroso pezzo di latta perché lo potessero sentire…

    Oggi il dramma dei mutilatini, almeno in Italia, non esiste più. Ma la Fondazione Don Gnocchi continua ad occuparsi di bambini e giovani con disabilità, oltre che di pazienti adulti che necessitano di riabilitazione, di anziani non autosufficienti, di malati terminali e di persone in stato vegetativo, secondo l’insegnamento di don Carlo e con il motto: “Accanto alla vita. Sempre”.

    Messa così, di fronte all’immagine dei calciatori di oggi, belli, forti, ricchi e famosi, è chiaro che non c’è partita.  Beppe, tuttavia, è convinto che quel gol, forse, lui non l’avrebbe preso. E come dargli torto? Ogni volta che scendono in campo, quei ragazzi dimostrano una tale passione per la vita che si rivela occasione di crescita per le coscienze e momento di riflessione di una società che deve ancora imparare a misurare il passo del proprio peregrinare con il ritmo di marcia degli ultimi.

    Allora, caro Delio Rossi, perché non accoglie l’invito di quei ragazzi e non viene a far loro visita, magari in occasione di una loro prossima partita? Si accorgerà – e lo potrà poi raccontare a tutto il mondo del calcio, al quale questi ragazzi sono particolarmente legati – che i disabili non sono solo una provocazione a certi stili di vita diffusi nella società di oggi, ma sono anche portatori di doni preziosi da spalmare nel cuore della convivenza umana.

    Con il più sincero “in bocca al lupo” per il prosieguo del campionato

Emanuele Brambilla
Responsabile Servizio Comunicazione
Fondazione Don Gnocchi

 

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.