Autismo
Di denti, arte e disabilità: così nasce un fumetto libero
L'ultimo numero di Zeus!, pubblicazione della cooperativa Il Cardo è un fumetto "squinternato" ma bellissimo. Un'opera d'arte nata dall'incontro tra l'illustratore Martoz e Michele Baccanelli, giovane autore nello spettro autistico che frequenta il centro diurno della cooperativa

Il fumetto Un giorno questo dente ti sarà utile non può lasciare indifferenti: è una bomba, ma di quelle buone, di quelle che scoppiano di creatività. Un viaggio pazzesco, in un mondo pieno di stranezze. I traghettatori sono Michele Baccanelli, giovane autore con autismo, e l’illustratore Alessandro Morelli, in arte Martoz (che ha disegnato la copertina del numero di VITA 10 anni di fratello papa, dedicato a Francesco).
La rivista è un numero monotematico di Zeus!, pubblicazione della cooperativa sociale Il Cardo di Edolo, in Val Camonica, che da vent’anni raccoglie i lavori delle persone che frequentano il centro diurno e che a volte – come in questo caso – coinvolge artisti esterni per alcuni progetti. «Mi sono sentito libero e ho scoperto una forte affinità con Michele», confida Martoz.

Martoz, com’è andata questa avventura?
È stato molto bello. Quello che ho fatto durante il progetto è stato stimolare Michele a scrivere, senza condizionarlo. Non è sempre facile. Per esempio, se tu gli chiedi «Questo tavolo è rosso?», lui magari ti risponde di sì, ma se poi gli chiedi «Di che colore è questo tavolo?» lui ti risponde che è verde. Bisogna trovare il modo giusto, senza influenzarlo nella risposta. Facevo con lui scambi di e-mail, videochiamate e incontri di persona; lui preferiva le prime, perché gli piace di più scrivere, a parlare ha un po’ di difficoltà. Alla fine ho preso tutti i racconti che ha scritto – che in realtà erano capitoli della stessa storia – e ne ho fatto l’adattamento a fumetti.

Lavorando a questo numero di Zeus!, si è fatto un’idea del rapporto tra arte e disabilità?
Questo è un anno fondamentale, perché c’è in campo la sperimentazione della riforma sulla disabilità, che prova a introdurre un po’ di novità, in applicazione della convenzione Onu del 2006, che ha stabilito che le persone con disabilità hanno il diritto non solo a essere assistite per sopravvivere, ma ad avere una vita stimolante. In questo, quindi, il progetto Zeus! arriva prima dello Stato italiano. Ma una cosa che diciamo spesso è che queste persone sono prima artiste che si esprimono in un modo che hanno messo a punto nel corso degli anni e poi persone con disabilità. Io sono un disegnatore: quando devo riflettere, mi metto a disegnare e improvvisamente trovo la quadra. Michele è uno scrittore: proprio perché non parla, il suo modo di esprimersi è scrivere. Non so che rapporto ci sia tra arte e disabilità, ma so che chi contribuisce a Zeus! in Val Camonica è una “star”.
In che senso?
La rivista ha mille abbonati, che ogni due mesi la aspettano per vedere che nuove follie trovano al suo interno. Zeus! è divertente, non è una pubblicazione che si compra solo per sostenere la cooperativa o per ideologia. Si compra perché è bella.
Quindi è arte, non “arteterapia”.
Certo, nel senso che è un prodotto proprio valido. È un oggetto bellissimo. Chi lo conosce per la prima volta ha una specie di “epifania”; se vai nell’archivio e ne sfogli una ventina, ti dici «Qui c’è un tesoro».

Cos’ha dato a lei, come persona e come artista, questo lavoro?
È stato molto impegnativo, ma in senso bello. Non è qualcosa che si possa fare con la mano sinistra. È stato stimolante, è stato toccante, è stato divertente. Sono entrato all’interno di questo progetto in punta di piedi, con grande rispetto. All’inizio c’era il desiderio di capire quale fosse il perimetro, come esprimermi, come gestire la situazione. Io ho fatto volontariato per circa due anni con le persone con disabilità, non sono nuovo a questo tipo di sensibilità, ma per un lavoro artistico dovevo prima di tutto conoscere i termini. Ognuno di loro ha un modo di definire sé stesso che è assolutamente personale. C’è tutto un mondo dietro, che non si riduce al linguaggio corretto che puoi imparare nella teoria. Poi è stato molto interessante scoprire la somiglianza tra me e Michele.
In che senso?
Chi ci ha messo insieme a lavorare a questo progetto ci aveva visto lungo. Il mio stile era perfetto per trasformare i suoi scritti in immagini. Abbiamo una forte sintonia. Sono appena stato a un festival del fumetto a Catania; una signora stava sfogliando la rivista, mentre le raccontavo i progetti. Mi ha detto: «Dai disegni si vede che è autistico». Le mie illustrazioni sono strane, soprattutto in questo caso in cui non c’erano limiti; di solito quando lavoro con uno sceneggiatore vengo limitato, “normalizzato”. In questo caso i testi erano naturalmente strani e l’ultimo problema era che i disegni risultassero squinternati.

E quindi si è sentito più libero…
Sono stato molto libero. Il mio unico vincolo era in fase di sceneggiatura, non è sempre stato facile trovare quella linea che unisce in maniera più o meno coerente tutti i capitoli, ma alla fine ci siamo riusciti. Poi il fumetto, secondo me, mantiene un carattere di ambiguità: Michele è indomabile, non scrive storie che seguano i canoni occidentali del botteghino o che siano comprensibili a un pubblico pop. Io ho cercato di rispettare i testi in fase di adattamento. Se però una persona legge attentamente, la trama principale è semplicissima. C’è un dente che viene rubato, viene scambiato due o tre volte tra le fazioni e alla fine una vince. Se si vuole trovarli, ci sono anche messaggi e connessioni nascoste. Questa è anche una storia molto inclusiva.
Come mai?
Nessuno l’ha imposto. Non c’è pressione ideologica da parte della redazione sulle persone che contribuiscono, sostanzialmente fanno quello che gli pare. Il principale cattivo sta sulla sedia a rotelle, la fatina dei denti è un personaggio trans; a un certo punto c’è anche un matrimonio tra due donne.
Nell’articolo, alcune tavole del fumetto
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