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DIRITTI. Amnesty: stop al pattugliamento Italia-Libia
In occasione della visita di Gheddaffi, la sezione italiana della Ong invia una lettera alle istituzioni e partecipa alle manifestazioni di Piazza Farnese
di Redazione
Domani, mercoledì 10 giugno, la sezione italiana di Amnesty International prnderà parte a una manifestazione organizzata a Roma da Fortress Europe, Asinitas Onlus e dagli autori del documentario “Come un uomo sulla terra” (Andrea Segre, Riccardo Biadene e Dagmawi Yimer). Dalle 18 in piazza Farnese avranno luogo reading di testimonianze sulla Libia, poesie, intermezzi musicali e momenti di informazione e di riflessione. Saranno presenti Ascanio Celestini, Andrea Satta, il coro multietnico Casilino 23, Goffredo Fofi, Andrea Pandolfo, Monserrat, Igiaba, Scego, gli studenti della scuola di italiano Asinitas e altri scrittori, giornalisti e attori teatrali.
Il motivo di tale e tanto fermento è la visita in Italia del capo di stato libico Muhammar Gheddafi, in occasione della quale la sezione italiana di Amnesty International ha scritto al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, ai presidenti di Camera e Senato e ai ministri degli Esteri, degli Interni e delle Pari opportunità. La richiesta avanzata? Porre fine alla cooperazione poco trasparente e priva di garanzie in materia di diritti umani, che ha sinora contraddistinto le relazioni tra Italia e Libia. «E che di recente ha trovato il suo culmine negativo in gravi violazioni del diritto internazionale dei diritti umani, compiute dall’Italia nel Mar Mediterraneo a scapito di circa 500 migranti e richiedenti asilo, ricondotti forzatamente in Libia a prescindere da qualsiasi valutazione del loro bisogno di protezione internazionale».
Una missione di Amnesty International, infatti, ha visitato la Libia tra il 15 e il 23 maggio 2009, recandosi tra l’altro presso il centro di detenzione di Misratah, dove centinaia di cittadini non libici, per lo più provenienti dall’Eritrea ma anche da Somalia, Nigeria e Mali, sono detenuti in condizioni di grave sovraffollamento. Al momento della visita, nel centro si trovavano tra le 600 e le 700 persone, a fronte di un’asserita capacità massima di 350 persone. A Misratah i detenuti sono costretti a dormire sul pavimento, i servizi sanitari sono insufficienti e non esiste alcuna forma di privacy. Il centro è sottoposto al controllo del Comitato generale popolare per la sicurezza pubblica ed è sottratto alla competenza delle autorità giudiziarie. Molte delle persone detenute al suo interno vi sono state condotte dopo essere state fermate dalle autorità libiche mentre tentavano di raggiungere l’Italia o altri paesi
dell’Europa meridionale.
Amnesty International ha potuto ascoltare le testimonianze di diversi migranti detenuti, alcuni dei quali si trovano a Misratah da due anni. Molti di loro hanno dichiarato che le condizioni a Misratah sono migliori che in altri centri in Libia, dove erano stati precedentemente trattenuti. Preoccupanti anche le diverse denunce di trattamenti discriminatori e degradanti e di maltrattamenti nei confronti di migranti provenienti dall’Africa subsahariana da parte di cittadini e delle forze di polizia libici.
La Libia non ha un sistema d’asilo funzionante e, nonostante una bozza di legge sull’asilo sia attualmente in discussione, durante la propria missione in Libia Amnesty International non ha ricevuto informazioni su tale testo e le autorità libiche hanno negato la presenza di rifugiati nel territorio dello stato. Le stesse autorità hanno inoltre indicato di non avere alcuna intenzione di aderire alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. Intanto, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) può operare a Tripoli, ma la Libia rifiuta di firmare accordi che ne riconoscano formalmente la presenza.
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