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Discaricheda pazzi

Il tabù peggiore la malattia mentale

di Redazione

Picchiati, insultati, violentati, brutalmente abusati sia fisicamente che psicologicamente, ignorati da tutti, senza una casa dove andare, senza un pasto decente. Questa è la vita quotidiana in India di milioni di persone afflitte da malattie mentali.
Ci sono circa 40-50 milioni di individui che passano le giornate vagabondando per le strade. Le malattie mentali purtroppo sono ancora tabù in India, profondamente legate al disonore e alla vergogna. Avere un famigliare psicopatico diventa un problema che si estende a tutti, soprattutto alle ragazze nubili. C’è la convinzione che sposare una ragazza che ha un parente malato, possa influire negativamente sulle generazioni future. Questo si verifica soprattutto, ma non solo, nelle famiglie povere.
Il problema fondamentale è che si prova vergogna e non si ha fiducia nella guarigione mediante farmaci. Si preferisce ricorrere piuttosto alla Ayurvedica (medicina tradizionale ancora utilizzata in India) o alla preghiera verso Krishna o, peggio, ci si affida a certi guaritori senza credenziali professionali che affermano di essere in grado di scacciare il male.
La violazione dei diritti umani incomincia negli ospedali dove è molto comune un trattamento superficiale e degradante. Nel settore sanitario indiano non viene data molta importanza alla cura mentale. Ci sono due tipi di ospedali: il primo non merita neanche di essere definito tale: si tratta di una specie di discarica dove le famiglie abbandonano i malati. Le condizioni in questi centri sono deplorevoli e violano il diritto individuale di essere trattati umanamente e vivere dignitosamente.
Il secondo tipo di “ospedali” fornisce un servizio di custodia. Ai malati viene offerto cibo e un letto, ma nessun aiuto psicologico né trattamento di riabilitazione. Le famiglie esitano a riportare i propri cari a casa per sfuggire dallo stigma legato alle malattie mentali che deve essere rimosso, come in passato succedeva nei confronti delle persone con la tubercolosi. La maggior parte della popolazione indiana ritiene che le malattie mentali non rientrano nella normalità dei casi spiacevoli della vita, bensì sono giudicate come una condizione parallela derivata da un’eredità o da altre cause “misteriose” che neppure il mondo scientifico è in grado di identificare.
C’è anche una ingiustificabile responsabilità da parte del governo che non si rende conto della gravità della situazione e delle conseguenze future.
Negli ultimi anni, però, grazie allo sviluppo economico che l’India sta vivendo, riscontro un certo miglioramento. Nella regione del Chennai, l’associazione Banyan, nata per assistere le donne psicopatiche abbandonate, sta portando avanti una campagna mediatica di sensibilizzazione per incoraggiare la società a essere più reattiva e non lasciare questi argomenti nell’ombra. Banyan non ha solo recuperato migliaia di donne emarginate, ma attraverso un programma ad hoc è riuscita a reintegrare molte di loro nel tessuto sociale. Anche se le responsabilità sono di tutti, dal sistema sanitario indiano alla mentalità della società civile, credo che non bisogna solo puntare il dito verso gli uni e gli altri, ma cominciare a investire passione e dedizione per eliminare lo stigma legato a tutto ciò che è diverso da noi. Bisogna dare fiducia, dignità e calore alle persone psicolabili e non cadere nell’indifferenza. In questo modo si passa dall’emarginazione alla violenza verso soggetti innocenti che hanno bisogno solo di aiuto.

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