E’ in fase di partenza la fondazione che gestirà le dolomiti come patrimonio dell’umanità riconosciuto dall’Unesco. Lo start-up non è stato esaltante, in buona parte caratterizzato dalla lotta per la sede. Alla fine sarà itinerante, con un prevedibile aumento di costi e di disfunzionalità. Ma quel che colpisce è il dibattito tutto interno alla politica e alla burocrazia pubblica. Nessuno spazio finora per i veri protagonisti: i gestori dei commons ambientali (usi civici, regole, magnifiche comunità, ecc.) che per secoli hanno garantito un uso realmente sostenibile di questa risorsa, consentendo a noi, oggi, di ottenere questo riconoscimento. Neanche il nobel per l’economia assegnato a Elinor Ostrom proprio su questo tema è riuscito a far guadagnare un posto nella governance della fondazione. Sarebbe invece molto utile che queste istituzioni comunitarie sedessero negli organismi decisionali, perché hanno dimostrato una capacità strategica e amministrativa di lungo periodo, tutelando al meglio gli interessi delle generazioni future. Una qualità che alla politica dei partiti manca sempre di più.
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