Carcere

Don Burgio: «Al Beccaria 9 detenuti su 10 sono minori stranieri non accompagnati»

Un dato impressionante, ma che si ritrova anche nelle altre carceri minorili del Nord Italia, dice don Claudio Burgio, cappellano del Beccaria. «È cambiato il progetto migratorio, molti di questi ragazzi girano l'Europa in cerca di soldi, verosimilmente legati a una organizzazione. Altri dall’Ipm potrebbero anche uscire, ma mancano le comunità»

di Ilaria Dioguardi

«Al Beccaria, in questo momento circa l’87% dei ragazzi presenti è costituito da minori stranieri non accompagnati, tra i 14 e i 17 anni». A parlare è don Claudio Burgio, da vent’anni attivo nell’istituto penale per minorenni Cesare Beccaria di Milano, dove è diventato nel 2024 cappellano al posto di don Gino Rigoldi. Don Burgio è anche fondatore della comunità Kayrós.

Quanti sono i minori stranieri non accompagnati – msna presenti in questo momento al Beccaria?

In questo momento circa l’87% dei ragazzi presenti è costituito da minori stranieri non accompagnati, in gran parte egiziani, poi tunisini e marocchini. Tutti maschi, hanno un’età in alcuni casi anche bassa, dai 14 fino ai 17 anni. Sono molto frequenti gli atti di autolesionismo e hanno una maleducazione ormai atavica. Il problema è che i minori stranieri non accompagnati potrebbero anche uscire, ma mancano le comunità, che già sono in difficoltà e non riescono ad assorbire tutti i posti richiesti. Poi c’è anche una certa fatica ad accogliere i ragazzi minori stranieri non accompagnati, anche perché il loro progetto migratorio è ben diverso da quello del passato.

I minori stranieri non accompagnati dall’Ipm potrebbero anche uscire, ma mancano le comunità, che già sono in difficoltà e non riescono ad assorbire tutte le richieste

Don Claudio Burgio

Ci spieghi, perché è diverso?

Prima arrivavano ragazzi che volevano formarsi, stabilirsi in Italia, andavano a scuola, poi andavano al lavoro e si inserivano. Oggi questi sono ragazzi che girano l’Europa in cerca di soldi, non hanno un’etica e di conseguenza, spesso diventano veri e propri predatori. Anche quando sono rimessi in libertà, difficilmente riescono a cambiare perché tornano spesso alle loro compagnie e anche, probabilmente, a un’organizzazione, almeno per quanto riguarda gli egiziani. Parliamo di molti furti, rapine significative.

Don Claudio Burgio

Ci ha detto che l’87% dei ragazzi al Beccaria sono msna: è una percentuale altissima…

Sì, ma è un numero abbastanza in linea con tutte le carceri minorili del Nord. A Milano, Torino, Bologna ci sono moltissimi ragazzi stranieri soli. Mentre a Napoli, e nel Sud in generale, ci sono ragazzi per lo più italiani.

Come mai?

Perché tutti questi ragazzi cercano prevalentemente le grandi città, dove c’è la possibilità di guadagno, Milano in primis. Moltissimi minori stranieri arrivano in città e non accettano di essere collocati in comunità che non siano a Milano. Questo già fa capire che il loro intento è quello di rimanere qui e di continuare la loro progettualità un po’ predatoria.

I minori stranieri non accompagnati spesso ritornano al Beccaria, dopo essere usciti?

Dopo essere usciti, sì, moltissimi ritornano in carcere: anche due o tre volte. Alcuni si allontanano e vanno in altri Paesi europei, poi se vengono beccati in Francia, tornano in Italia o vanno in Spagna. Ci sono dei veri e propri giri tra questi Paesi, non so quanto estemporanei e legati all’impulsività dei ragazzi, che sono anche molto piccoli, oppure se dietro ci sia proprio un’organizzazione. Questo non lo so, però questo fenomeno di nomadismo in tutta Europa è evidentissimo.

Nel dossier di Antigone sull’emergenza negli istituti penali per minorenni A un anno dal decreto Caivano (pubblicato il 2 ottobre 2024), si fa riferimento alla crescita dell’utilizzo degli psicofarmaci negli istituti penali per minorenni, affermando che al Beccaria si è registrato un aumento del 219% tra il 2020 e il 2022 nella somministrazione di psicofarmaci (dati Altroconsumo). Le risulta un uso massiccio degli psicofarmaci?

Adesso su questo fronte si è più attenti, non è così massiccio questo tipo di somministrazione. Il dato fa riferimento al periodo tra il 2020 e il 2022, quando la situazione era diversa, anche a causa della pandemia. Molte volte gli psicofarmaci sono richiesti dai ragazzi stessi perché non riescono a dormire, perché hanno stati psico-emotivi molto forti. È vero però che al Beccaria gli atti di autolesionismo sono all’ordine del giorno. Quindi è chiaro che sono richiesti soprattutto ansiolitici dai ragazzi. Mi risulta esserci una grande attenzione alla medicalizzazione che, secondo me, rimane un problema delle famiglie italiane in generale: c’è un ricorso eccessivo ai farmaci, come se il farmaco potesse lenire le angosce, quando invece – a volte – semplicemente le addormenta.

Lei riesce un po’ a lenire le angosce di questi ragazzi stranieri non accompagnati? Cosa le chiedono?

Nel mio caso, sanno che ho una comunità e, quindi, la richiesta continua ed estenuante, quotidiana da parte loro è quella di essere accolti nella mia comunità. Poi quando sono nella mia comunità, alcuni si impegnano, ce la fanno, altri rischiano e spesso tornano al Beccaria perché non hanno sviluppato una mentalità diversa da quella che li ha condotti in carcere precedentemente.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha di recente ribadito che tra le misure allo studio per ridurre il sovraffollamento, c’è la detenzione differenziata in comunità per i detenuti tossicodipendenti.

Il problema delle comunità è che stanno chiudendo. Mancano gli operatori, mancano gli educatori, c’è una emergenza totale da questo punto di vista. Per cui la situazione è molto precaria, un po’ in tutta Italia, al Nord in modo particolare. Molti ragazzi, per esempio, vengono inviati in comunità, magari al Centro-Sud, ma poi da lì scappano puntualmente, soprattutto chi ha dei riferimenti parentali al Nord. Quindi, la situazione delle comunità potrebbe essere una risorsa, ma di fatto non incide perché le comunità sono in enorme difficoltà nella gestione di questi ragazzi.

Un giorno mi sono ritrovato a camminare nel sangue, in una sezione. Era immediatamente dopo un episodio in cui un ragazzo si era tagliato le gambe

Ad aprile 2024 lei ci ha rilasciato un’intervista in occasione di una vicenda che vedeva coinvolti alcuni agenti della Polizia penitenziaria del Beccaria. Com’è la situazione ora?

La situazione di emergenza è rientrata, grazie anche al lavoro sinergico tra direzione, sicurezza ed educatori. Probabilmente ci si è resi un po’ più esperti rispetto a questo tipo di ragazzi. Adesso le cose vanno decisamente meglio, dal mio punto di vista. C’è sempre un dirigente facente funzione, però la dottoressa Teresa Mazzotta, essendo di grande esperienza, è una donna molto capace. In questo momento c’è una sinergia forte tra le varie parti, tra lei e la nuova comandante, che già si è inserita e prenderà il comando ufficialmente nei mesi prossimi, e anche con gli operatori, gli educatori. È chiaro che le difficoltà ci sono.

Le va di condividere con noi un momento particolarmente difficile, di questi 20 anni?

Mi è capitato di recente. Un giorno mi sono ritrovato a camminare nel sangue, in una sezione. Questa è una cosa che in tanti anni non avevo mai provato e mi ha colpito, dopo 20 anni che sono al Beccaria. Era immediatamente dopo un episodio in cui un ragazzo si era tagliato le gambe, era un momento di forte stress da parte dei ragazzi e, inevitabilmente, da parte di tutto l’ambiente. Ci siamo quasi abituati a questo tipo di situazioni. Ma l’approccio, il modo, il metodo sembrano dare qualche risultato e c’è una situazione più quieta rispetto a un po’ di tempo fa. Certamente in estate, mancano spesso presìdi, per cui le attività sono sporadiche e i ragazzi passano molte ore in cella, al caldo, quindi è chiaro che qualche momento di intemperanza c’è, però non paragonabile a quello degli anni scorsi.

Secondo i dati del Dipartimento giustizia minorile e di comunità del ministero della Giustizia, al 31 dicembre 2024 al Beccaria c’era un sovraffollamento del 146,67%, con 66 ragazzi presenti a fronte di 45 posti disponibili. L’istituto è sempre molto sovraffollato?

Sì, questo è un fenomeno unico. In Italia, per la prima volta, le carceri minorili sono in sovraffollamento, non era mai successo in tutta la storia repubblicana, è un dato che preoccupa. Sarà l’esito dei decreti legge, sarà questa ondata migratoria molto intensa. Oggi al Beccaria ci sono quasi 80 ragazzi, è chiaro che anche il sovraffollamento mette in difficoltà tutto l’ambiente.

A breve il Beccaria avrà un imam, Abdullah Tchina, 58 anni, già imam della comunità islamica di Sesto San Giovanni. È il primo Ipm in Italia ad avere un imam.

Sì, collaboreremo insieme, inizierà a settembre. Ha già fatto visita all’istituto, è stato accolto bene dai ragazzi e da tutto il personale.

In foto, il carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, foto di Marco Ottico/Lapresse

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