Non profit

Don Mazzi all’attacco: rendiamolo obbligatorio

«Costringerebbe i ragazzi a capire che esiste il mondo ed esistono gli altri». Anche perché «cicciobelli come sono, da soli non lo farebbero mai»

di Redazione

Non ha certo bisogno di presentazioni don Antonio Mazzi, è un nome noto al grande pubblico grazie alle trasmissioni televisive a cui ha partecipato. Classe 29, sacerdote, fondatore nel 1980 della Comunità Exodus per il recupero di ragazzi tossicodipendenti, don Mazzi è insieme uno dei più attivi protagonisti del non profit italiano e un prolifico scrittore. Nel 2008 ha pubblicato Stop ai bulli. La violenza giovanile e le responsabilità dei padri per Mondadori, dove parla di servizio civile come di un percorso formativo fondamentale per i giovani.
Vita: È ancora convinto che il servizio civile debba tornare obbligatorio, come sosteneva nel libro?
Don Antonio Mazzi: Sì, assolutamente, e sempre di più. Intanto perché servirebbe a far capire ai ragazzi che esiste il mondo, che esistono gli altri, e quindi io dico bisogna obbligarli perché – cicciobelli come sono e con i genitori che si ritrovano – altrimenti non lo farebbero mai. E il servizio civile deve essere esteso ad altri settori, un anno intero, e impegnativo per tutti, uomini e donne.
Vita: Eppure le risorse mancano persino per quello volontario…
Don Mazzi: E intanto diciamo a questo governo che deve trovarle, e di spendere meno soldi per le boiate. Ma è chiaro che il servizio civile non ha risorse con questo governo qua, ma guardi neanche con l’altro. E poi bisogna che mettiamo i ragazzi davanti a certi doveri. Abbiamo paura a dire dei no. Dobbiamo sempre dire sì: se il ragazzo non va bene a scuola ci sono le lezioni private, se manca il riscaldamento a scuola non ci andiamo, se c’è il pane di ieri facciamo sciopero generale… ma insomma…
Vita: Nell’ipotesi del servizio civile obbligatorio renderebbe tale anche quello militare quindi?
Don Mazzi: No, non confondiamo. Dico di rendere obbligatorio solo quello civile. Che faccia davvero pensare ai ragazzi che sono figli della società.

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