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Donna, giovane e avvocato.«Ma anche» disabile
Novità in campo La sfida di Lisa Noja, in lizza per il Pd in Lombardia
di Redazione
Si chiama Lisa Noja, fa l’avvocato, ha 34 anni, è milanese ed è affetta da amiotrofia spinale, con un’invalidità al 100%: e non chiamatela la “candidata disabile”. Posizione n. 23 nelle liste del Partito democratico per il collegio Lombardia 1, non un posto sicuro ma nemmeno di pura forma, per Lisa questa è un’opportunità “a prescindere”, «perché se è importante che a Roma ci vadano persone competenti, lo è anche avere una rete di persone capaci sul territorio». Si presenta a Milano domenica 30 marzo, in un dibattito con Barbara Pollastrini su disabilità e progetto di vita.
Vita: Come è nata la sua candidatura?
Lisa Noja: Innanzitutto perché faccio l’avvocato, sono giovane, sono donna.
Vita: Non ha citato la sua disabilità…
Noja: Sicuramente ha avuto un ruolo. Il senso però non è quello di riempire le caselle con tutte le categorie. Io ho un percorso anomalo: ho una grave disabilità motoria ma sono avvocato, ho studiato in America, lavoro in uno dei più grandi studi di Milano, sono autonoma economicamente. È stato possibile perché ho una famiglia che non solo ha potuto ma anche ha voluto fare tutto per permettermi di realizzare il mio progetto di vita. Questo deve accadere per tutti, a prescindere dalla famiglia in cui si nasce.
Vita: Non chiede garanzie, ma opportunità. Anche nella politica sulla disabilità?
Noja: Sì. Oggi in Italia standardizziamo troppo e così sotto l’ombrello della disabilità c’è di tutto, mentre ognuno di noi ha problemi diversi. Lo sforzo da fare è individuare il potenziale che ognuno ha. Il mio problema non è di avere garanzie assolute, ma di avere pari accesso alle opportunità. Non siamo arretrati sulle garanzie – lo siamo nella misura in cui le leggi non vengono applicate – il problema è che la persona con disabilità non può mettere a frutto le possibilità che ha.
Vita: Nel programma del Pd ci sono più soldi per l’accompagnamento e i buoni-servizio. Non sono ancora garanzie?
Noja: Non tanto, soprattutto per i buoni-servizio. Non danno aiuti a pioggia, ma tantano di cucire addosso un welfare su misura per la singola persona che ha bisogno di servizi pratici. Si tratta di personalizzare l’intervento della politica: io volendo potrei chiedere le scarpe ortopediche, me le darebbero anche se non ne ho bisogno, mentre invece ho bisogno di altre cose che non sono previste. Bisogna arrivare a capire che disabile vuol dire tante cose. Le Asl non dovrebbe dare solo una percentuale ma anche una valutazione qualitativa della disabilità di una persona. Questa è la direzione in cui vuole andare il Pd, in tanti settori: quando parla di progetto di vita – di donne, giovani, disabili – intende superare la standarizzazione.
Vita: Il partito dei disabili serve?
Noja: Mi sembra più utile che una persona disabile partecipi alla vita politica con le proprie idee su tutte le grandi questioni: naturalmente portando la propria esperienza di vita. La disabilità è un problema tecnico, con conseguenze anche molto gravi, ma non è ciò che definisce la nostra essenza umana.
Vita: Cosa fare per aiutare le famiglie che accolgono un figlio con disabilità?
Noja: Io sono felice di essere nata e non mi piace sentire dire che ci sono condizioni di vita in cui uno sarebbe condannato all’infelicità. Penso anche però che la scelta di far nascere un figlio con disabilità sia una scelta indivuale: compito dello Stato è garantire che la scelta sia libera dalla paura di non farcela dal punto di vista economico, farsi carico dei problemi materiali di chi vive certe difficoltà: è quella la vera politica a tutela della vita.
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